Libia in fiamme, italiani in fuga

ROMA – Inizia la fuga degli italiani dalla Libia anche se, per ora, non si prevede un ponte aereo per l’evacuazione e l’indicazione della Farnesina ai 1.500 connazionali che vivono ”stabilmente” nel Paese è di partire con voli commerciali. Voli che Alitalia ha ‘potenziato’, aumentando la capacità mentre una ‘squadra’ dell’Unità di Crisi è pronta a partire per Tripoli per dare sostegno e assistenza. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, da Bruxelles, ha affermato che l’Italia è pronta, ”ove occorra, con piani di tutela nazionale dei nostri cittadini” a fare fronte ad una situazione che ”è in evoluzione”.


– Abbiamo già portato in patria parte del personale di Eni e di Finmeccanica – ha riferito Frattini -. C’è inoltre l’idea che l’Italia possa usare corridoi umanitari per portare interventi di emergenza. Questa è una posizione condivisa.


Una squadra dell’Unità di Crisi della Farnesina di rinforzo dello staff consolare – guidata dal vicario dell’Unità di Crisi stessa – è pronta a partire per Tripoli per coadiuvare la sede diplomatica nelle operazioni di rimpatrio, attraverso voli di linea che restano operanti, e per far fronte, come già avvenito nella recente emergenza in Egitto, a specifiche criticità. Il ministero degli Esteri sta inoltre valutando un’ipotesi di rafforzamento delle tratte aeree da e per Tripoli con l’Alitalia che ha già disposto – in coordinamento con la Farnesina – un aumento della capacità dei suoi voli di linea per favorire, in tempi più rapidi possibile, il deflusso dei connazionali che abbiano manifestato, attraverso l’Ambasciata o la stessa Unità di Crisi, l’intenzione di lasciare il Paese, ed in particolare la Tripolitania dove è concentrata la maggioranza degli italiani.


– Meglio andar via -. E’ il consiglio che gli italiani, che in queste ore stanno rientrando a Roma con voli di linea, rivolgono agli altri connazionali ancora in Libia. A Tripoli starebbero cominciando a scarseggiare pane e benzina mentre l’aeroporto sarebbe nel caso per i molti voli in ritardo.
– Oggi abbiamo visto molti distributori chiusi così come diversi panifici – ha detto una coppia di Perugia giunta a Fiumicino.


E’ anche fuggi fuggi di ambasciatori dalla nave di Muammar Gheddafi: diplomatici libici in tutto il mondo hanno defezionato unendosi a volte alle manifestazioni in strada che chiedono la fine del regime di Tripoli. Alle Nazioni Unite il numero due della missione della Jamahirya Ibrahim Dabbashi ha invocato un intervento internazionale contro quello che ha definito ”un genocidio”.
Parlando con i giornalisti all’Onu, Dabbashi ha chiesto una ‘no fly zone’ su Tripoli. Gheddafi ”se ne deve andare” perchè ”ha dichiarato guerra al popolo libico”, ha detto il numero due della missione a cui si è unita nella protesta il resto della delegazione al Palazzo di Vetro.


Le defezioni hanno fatto il giro del mondo: Cina, Regno Unito, Polonia, India, Indonesia, Svezia, secondo l’emittente pan-araba al Jazira. Come il collega a Delhi Ali al-Essawi, sdegnato per l’uso di mercenari contro i suoi concittadini, l’ambasciatore libico in Bagladesh Ahmed Atiaal-Imam si è dimesso in segno di protesta contro il ”regime” e parlato di ”un massacro in atto”. Atiaal-Imam si è detto pronto a tornare a servire il suo paese, ma solo ”quando il regime attuale sarà rimosso”.


A Londra, dove oggi l’ambasciatore è stato convocato al Foreign Office, nove dipendenti della missione sono scesi in strada a Knightsbridge per unirsi ai manifestanti che da giorni protestano contro Gheddafi.