Napolitano-Berlusconi: ultimatum sui decreti

ROMA – Silvio Berlusconi fa un passo indietro, almeno ufficialmente, di fronte al clamoroso stop di Giorgio Napolitano al decreto-legge Milleproroghe, provvedimento che era ormai in dirittura d’arrivo a Montecitorio. Non va il metodo, che elude l’esame preventivo del Colle, né la dilatazione abnorme dei contenuti, ha scritto il Capo dello Stato. Condivido i rilievi e ne terrò conto, ha risposto il presidente del Consiglio nel corso di un faccia a faccia di 30 minuti al Quirinale convocato dopo l’invio di una lettera di richiamo del presidente della Repubblica per vari aspetti senza precedenti. Il premier avrebbe assicurato il suo impegno a modificare il testo ma avrebbe anche fatto presenti le possibili obiezioni del ministro dell’economia Giulio Tremonti, che ha voluto l’attuale maxiemendamento.

Non era finora successo che il capo dello Stato dichiarasse così apertamente che una legge all’esame del parlamento apparisse talmente in contrasto con la Costituzione da renderne probabile la mancata promulgazione. Finora questi avvisi erano affidati alla diplomazia politica segreta e alla moral suasion, e quando queste vie non producevano effetti il presidente della Repubblica lo faceva sapere promulgando a malincuore e con rammarico il provvedimento e sottolineando con la matita blu le forzature di metodo, di sostanza e di incoerenza. E’ accaduto più volte. Il richiamo più forte di questo genere, un vero e proprio ultimatum, risale al 22 maggio 2010 ed è citato nella lettera odierna.

”La preoccupazione per i rischi che può comportare la decadenza di un determinato decreto-legge non potrà ulteriormente trattenermi dall’esercitare la facoltà di rinvio alle Camere della relativa legge di conversione”, scrisse Napolitano promulgando il decreto legge incentivi in cui erano state inserite, senza il suo consenso, materie disparate ed eterogenee fra cui la sanatoria per le quote latte.
Qualche settimana prima, il capo dello Stato aveva rinviato alle Camere la legge sull’arbitrato nelle cause di lavoro ritenendola ”incoerente” con la legislazione vigente.

Il richiamo di Napolitano è molto forte, e perciò egli stesso ci tiene a motivarlo come la scelta del male minore. Avrebbe potuto aspettare l’approvazione e poi calare la mannaia del rifiuto della promulgazione. Invece, segnalando le pecche ha dato a governo e Parlamento l’opportunità di rimettere in extremis il provvedimento sui binari della Costituzione. Come? Fra le righe il presidente lo dice: riportando il testo al contenuto originario da lui autorizzato ed inserendovi al più le modifiche ”che si ritengano conformi ai principi costituzionali”. Da qui l’ipotesi di un maxi-emendamento. Ma c’è da tenere conto del consenso di chi non vorrebbe mollare la ‘zavorra’ e anche di una corsa contro il tempo, perchè il dl dovrebbe ripassare anche del Senato entro il primo marzo.

La mossa odierna non abbassa comunque la tensione fra i due presidenti. Esprime l’estrema preoccupazione di Napolitano per i rischi di ‘deriva’ del paese, di una delegittimazione delle istituzioni che può attuarsi a forza di strappi, di conflitti, di contrapposizioni e di deroghe valori, principi, procedure fissati dalla Costituzione. Nel faccia a faccia di ieri, secondo le fonti del Quirinale, Berlusconi ha anche ragguagliato Napolitano sulla situazione in Libia e sui programmi del governo per accogliere i profughi e per rimpatriare gli italiani. Sulla materia si è registrata una comunità di vedute. Si è parlato anche di economia e del viaggio che il Capo dello Stato farà in Germania giovedì e venerdì.