Dove l’esilio? Zimbabwe, Venezuela, Bielorussia o Serbia

ROMA – Zimbabwe e Venezuela, ma anche Bielorussia e forse Serbia: nell’assenza di informazioni certe sulla meta di una possibile fuga di Muammar Gheddafi per ora assediato nella trincea di Tripoli, appaiono questi i paesi guidati da dittatori, leader anti-americani o semplicemente dirigenti ‘amici’ che potrebbero ospitare il colonnello libico. O almeno da questi paesi sono venuti scoperti e velati segnali in tal senso.


Dallo Zimbabwe, ad esempio, è arrivata la notizia che il presidente Robert Mugabe – spesso accusato di atteggiamenti dittatoriali, persecuzioni e torture – avrebbe inviato combattenti per dare man forte a Gheddafi, offrendogli anche ospitalità nel suo paese. Dall’altra parte dell’oceano, in Venezuela, c’è sempre un presidente rivoluzionario, socialista, anti-yankee e dichiaratamente “amico”: di fronte alle notizie sui massacri ha preso un po’ le distanze dalla repressione, ma Hugo Chavez resta un alleato che non esita a diffondere nel mondo – venerdì su Twitter – un suo significativo ‘viva Gheddafi’. Significative per orientarsi fra le possibili vie di fuga del colonnello, sono state le registrazioni della torre di controllo dell’aeroporto della Valletta, a Malta: venerdì avrebbe rilevato il passaggio del jet privato di Gheddafi, in volo verso la Bielorussia prima di virare e tornarsene indietro. Il ministero degli Esteri bielorusso ha smentito la possibilità, ma Aleksandr Lukashenko, “l’ultimo dittatore d’Europa”, secondo la definizione dell’Amministrazione Usa, è certo un potenziale ospitante del colonnello. Sempre in Europa c’è poi la Serbia che ha mantenuto strette relazioni con la Libia anche dopo la dissoluzione della Federazione jugoslava, continuando i rapporti di amicizia instaurati dai componenti del Movimento dei Paesi non Allineati. E Gheddafi ha scelto un’emittente proprio una tv serba, la “Pink,” per la paradossale intervista telefonica in cui ha sostenuto ieri che la situazione in Libia è “completamente calma”.


Con i blogger che alimentano anche le voci più disparate sui luoghi di un ipotetico esilio (pure Ciad, che però Gheddafi bombardò al gas nervino negli anni Ottanta), un cono d’ombra del diritto internazionale fà pure dell’Italia una meta teorica – anche se politicamente ormai quasi impossibile. Roberto Rao, capogruppo dell’Udc in Commissione Giustizia alla Camera, ha ricordato che l’Italia non potrebbe consegnare il leader libico alla Corte Penale Internazionale de L’Aja perchè non si è ancora adeguata allo “Statuto di Roma” del 1998.