L’allarme di Maroni: «120mila profughi in Libia»

PALERMO – «Sappiamo che ci sono decine di migliaia di persone in fuga. In 60mila sono accampati in Tunisia ed altrettanti ancora in Libia. Questo ci preoccupa». Sono le parole del ministro dell’Interno Roberto Maroni, intervenuto in audizione di fronte alle Commissioni Affari costituzionali ed Esteri di Camera e Senato.
– Se perdura la situazione di stallo nel Paese – ha aggiunto – ci potrebbe essere il rischio di infiltrazioni di Al Qaeda.


In particolare, Maroni, parlando della situazione in Libia ha detto che qui «c’è il vero punto interrogativo».
– Sono preoccupato che se gli scenari non cambiano si possa arrivare ad una situazione di governo più simile a quella dell’Afghanistan e della Somalia – ha commentato -. E’ un rischio grave e reale.
Riguardo la revoca del trattato tra Italia e Libia, il ministro è chiaro.
– Ben venga un’iniziativa parlamentare. Non so dire chi è in grado di revocare il Trattato. Valuto solo che è stato approvato il 6 febbraio 2009.


La Commissione europea intanto respinge al mittente le accuse di inefficacia rivoltele l’altra sera da Maroni sulla gestione dell’emergenza immigrati.
– Non è questo il momento di fare polemiche, ma di lavorare e affrontare l’emergenza – ha dichiarato il portavoce della commissaria Ue agli Affari interni Cecilia Malmstroem.


Sul tema dell’immigrazione è intervenuto anche il capo dello Stato.
– L’Italia è molto impegnata sul fronte umanitario – ha osservato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano -. Vale la pena sottolineare – aggiunge il capo dello Stato – che il nostro Paese non ha un atteggiamento difensivo, rispetto all’incognita di un forte flusso migratorio, senza farsi carico anche delle esigenze di carattere umanitario, nei confronti della situazione che si sta determinando in nord Africa, a seguito dei grossi movimenti di contestazione nei confronti dei regimi esistenti, prima in Tunisia e in Egitto e ora in Libia’’.


Riguardo ai rapporti con Bruxelles, il capo dello Stato si dice convinto «di poter trovare piena intesa in sede Ue sulle politiche nei confronti della Libia». Per Napolitano, occorre anche «che l’Unione europea acceleri sul cammino di una politica comune in tema di immigrazione e di asilo, che è chiamata subito alla prova davanti alla crisi nel nord Africa e ad ipotesi di afflusso, al momento non quantificabile di immigrati verso le sponde italiane».


Per Napolitano, serve «una comune e forte determinazione della Ue nel rilanciare una politica euro-mediterranea, che non si limiti ad accogliere le persone che fuggono dalle sponde africane ma che dia prospettive di sviluppo a tutta l’area, anche -sottolinea Napolitano- per evitare non i flussi migratori normali e persino necessari all’Europa ma per evitare crisi migratorie precipitose e catastrofiche che sarebbero molto difficilmente sostenibili.


Dal Vaticano fanno sapere che Benedetto XVI è stato informato sulla situazione dei profughi che si trovano al confine fra Libia e Tunisia dal direttore esecutivo del World Food Programme, Josette Sheeran, ricevuta oggi in udienza privata. Il Pontefice secondo quanto riferisce la stessa Sheeran in una nota diffusa dalla Sala stampa della Santa Sede, «ha espresso la sua preoccupazione per la gente innocente intrappolata in questa terribile tragedia». La rappresentante delle Nazioni Unite si è recata infatti in missione al confine fra Libia e Tunisia «dove ha potuto constatare direttamente la presenza di decine di migliaia di persone che stanno fuggendo dalle violenze in un contesto di emergente crisi umanitaria».


Per Cristopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), la volontà espressa da Maroni sull’accoglienza dei duemila profughi rifugiati nella cattedrale di Tripoli «è un segnale positivo».

LIBIA


Gheddafi: «Abbiamo costretto l’Italia a inginocchiarsi»

ROMA – “Combatteremo per la Libia all’ultimo uomo e donna”: così Muammar Gheddafi in un discorso in tv poche ore dopo l’avvio di una controffensiva militare verso oriente, nella quale le truppe fedeli al rais erano riuscite a riconquistare il porto e l’aeroporto di Marsa Brega, terminal petrolifero a 800 km a est di Tripoli, per poi essere costrette a cederle di nuovo agli insorti. Intanto, cresce la preoccupazione per l’emergenza umanitaria che si profila in particolare al confine con la Tunisia.


Il futuro della Libia è “nelle mani del popolo libico”, ha detto Gheddafi in tv, ribadendo di non essere presidente, né aver alcun ruolo politico nel Paese, perché la “diretta autorità è nelle mani della gente che la eserciterà attraverso i comitati popolari”. Il rais è poi tornato a parlare di Italia:
– Abbiamo costretto l’Italia a inginocchiarsi, a scusarsi per il suo colonialismo e a pagare i danni. Abbiamo costretto l’italia ha ammettere i suoi errori. E’ una cosa storica. E l’Occidente si sente insultato perché l’Italia ha baciato la mano di Gheddafi.


Il rais ha anche chiesto all’Onu di inviare una commissione di inchiesta nel paese per investigare sulle accuse di aver ucciso dimostranti pacifici. Sul fronte militare, il regime ha prima smentito di aver lanciato una controffensiva, di cui aveva dato notizia Al Jazira, poi un comunicato della Tv di Stato ha confermato che le truppe governative avevano ripreso il controllo del porto e dell’aeroporto di Marsa Brega. I ribelli dal canto loro affermano di aver respinto l’attacco.


Negli scontri, riferiscono fonti sul posto, ci sarebbero numerosi morti. E’ impossibile trovare verifiche indipendenti, essendo la città inaccessibile ai giornalisti. Secondo Al Arabiya, le truppe filo-regime hanno riconquistato anche Gharyan e Sabratha, a sud e a ovest della capitale, e lanciato raid aerei su Ajdabiyah, dove i ribelli, che hanno annunciato di aver abbattuto un altro aereo militare, controllano una base militare e un deposito di armi. Intanto, cresce la preoccupazione per l’emergenza umanitaria: una folla si estende “per chilometri e chilometri” in Libia e si accalca alla frontiera con la Tunisia, ha sottolineato l’Unhcr che lancia un nuovo appello affinché “siano noleggiati centinaia di aerei” per evacuare tutte queste persone.

ENERGIA


La crisi spinge al rialzo i prezzi della benzina

ROMA – Proseguono i rialzi dei prezzi della benzina sull’onda della crisi libica e delle preoccupazioni sugli approvvigionamenti di greggio. La benzina verde ha superato stabilmente al distributore 1,54 euro al litro ma il prezzo del ‘’servito’’ in Campania è volato oltre 1,6 euro al litro. Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani ha affermato che sugli aumenti dei prezzi ‘’pesa anche la speculazione’’ ma l’Unione petrolifera ha replicato che i prezzi sul mercato italiano ‘’sono assolutamente in linea con gli andamenti dei mercati internazionali’’.


L’aumento dei prezzi preoccupa i consumatori. Il Codacons teme che entro agosto la verde possa raggiungere i due euro al litro mentre stima che ai prezzi attuali il solo pieno costi alle famiglie in media 250-300 euro all’anno in più, senza considerare gli effetti del caro petrolio sugli altri beni e servizi. Il prezzo della benzina ha fatto ‘’litigare’’ di nuovo anche Cgil e Cisl sulla richiesta del sindacato guidato da Raffaele Bonanni di defiscalizzare le accise. Il numero uno della Cgil, Susanna Camusso ha parlato di ‘’proposta che non risolve problemi’’ mentre la Cisl ha replicato sostenendo che ‘’risultati parziali immediati sono meglio di nessun risultato’’.


Secondo le rilevazioni della ‘’Staffetta quotidiana’’ il prezzo medio della verde si attesta ormai su 1,541 euro al litro mentre il gasolio ha raggiunto la media di 1,432 euro al litro. Ieri hanno ritoccato al rialzo i listini l’Eni (+0,5% sulla verde, +0,8 sul gasolio) e la Esso (+0,7 centesimi sulla benzina verde).
– Al di là della specificità della crisi libica – ha detto il ministro Romani – c’è un problema generale di incremento che non incide direttamente sul prezzo della benzina; ma sicuramente anche sulla base della speculazione che se ne fa delle crisi dei paesi produttivi.


‘’I prezzi dei carburanti praticati sulla rete di distribuzione italiana – ha affermato l’Up – sono assolutamente in linea con gli andamenti dei mercati internazionali e coerenti con quanto accaduto nel 2008, contrariamente a quanto erroneamente sostenuto dalle associazioni dei consumatori. Posto che il Brent viaggia intorno ai 116 dollari al barile e che le quotazioni dei prodotti raffinati rilevati dal Platts sono molto vicine ai valori del 2008, a pesare sui prezzi rispetto ad allora è il peggioramento del cambio euro/dollaro. Infatti, nel luglio del 2008 il cambio euro/dollaro valeva 1,59 mentre l’altro ieri è stato a 1,38 e ciò equivale ad un maggior costo stimato 6-7 centesimi euro al litro’’.

ENI


Scaroni: «Non permettere una nuova Somalia»


MENAGGIO – Rischio ‘’somalizzazione’’ per la Libia e potenziale contagio dell’instabilità per i Paesi energeticamente rilevanti del Medioriente e del Nordafrica, Algeria in primis, che comprometterebbe il flusso della pipeline che porta verso la sponda nord del Mediterraneo 30 miliardi di metri cubi di gas. Con Tripoli ancora in fibrillazione e un ‘’futuro assetto politico difficile da immaginare’’, Paolo Scaroni , ad di Eni, fa il punto sulla sicurezza energetica dell’Italia, ribadisce che per ora ‘’non ci sono grossi problemi’’ grazie alla diversificazione degli approvvigionamenti, ma guarda avanti: alla necessità di una rete di interconnessione energetica europea, che è una ‘’carta da giocare’’ alla quale Eni crede.


Nel corso di un Convegno italo-tedesco a Villa Vigoni, a Menaggio, sul lago di Como, l’ad di Eni, primo operatore estero in Libia, sottolinea che ‘’nessuno può permettersi una nuova Somalia’’ e, anche se ‘’possiamo contare sul portafoglio di approvvigionamento più diversificato d’Europa’’, i numeri libici sono comunque importanti. Nel 2010 Tripoli è stata al primo posto, con il 23%, come fornitore di greggio per l’Italia, e il quarto per quanto riguarda il gas dopo Russia, Algeria e Norvegia, con 9 miliardi di metri cubi (il 13% del consumo nazionale), importato attraverso il Greenstream, ora fermo. Il petrolio – facilmente rimpiazzabile – non è un problema. Lo è semmai il suo prezzo – ieri mattinaha sfondato la soglia psicologica dei 100 dollari al barile e nelle contrattazioni in Asia ha raggiunto 100,26 – anche se i sauditi in questa fase non vedono di buon occhio un nuovo rialzo. Scaroni si augura che l’Opec – con il cui segretario generale (libico) Abdalla el-Badri, ha avuto un incontro venerdi’ – ‘’troverà in tempi brevi soluzioni capaci di rassicurare i mercati ed evitare cosi’ una escalation ulteriore dei prezzi’’.