Gheddafi a Berlusconi: «Io sono la Libia». Pugno duro del raìs, i ribelli resistono

TRIPOLI – Il colonnello libico, Muammar Gheddafi, è di nuovo apparso oggi sulla tv di stato libica. «Dal 1977 ho dato il potere al popolo e da allora non ho più poteri nel paese né di tipo politico né di tipo amministrativo», ha detto il raìs parlando ai suoi sostenitori a Tripoli, in occasione del 34esimo anniversario della nascita dei Comitati popolari in Libia.

Nell’incontro, trasmesso dalla tv libica, Gheddafi ha salutato il suo popolo sottolineando che «dal 3 marzo del 1977 abbiamo passato il potere al popolo e voglio ricordare al mondo che da allora ho dato il potere al popolo. Abbiamo vinto l’occupazione italiana e americana e il popolo gestisce il petrolio e i suoi proventi».
A proposito dell’Italia, ha raccontato di come è stata «costretta ad abbassare la testa nei nostri confronti».
– Siamo andati in Italia portando il figlio di Omar Mukhtar – ha ricordato-, e li abbiamo costretti a scusarsi per la colonizzazione. E’ una cosa storica, costringere l’Italia dopo tanti anni a pagare la Libia, è una cosa importante. La nostra democrazia è senza governo e presidente. Si basa sui Comitati popolari, in cui c’è tutto il popolo – ha spiegato ancora il colonnello leggendo poi il documento fondativo della ‘Jamahiriya’ redatto nel 1977 -. Le leggi stesse sono emanate direttamente dal popolo attraverso i comitati popolari, non sono io a firmarle. In tutti questi anni io ho solo dato indicazioni di indirizzo».

Per questo Gheddafi ha detto:
– Non ho un incarico dal quale dimettermi, come negli altri paesi e sono rimasto stupito quando ho visto le manifestazioni in mio sostegno in diverse zone del paese perché il mio non è un posto di potere dal quale dimettersi.

Parlando della rivolta, il raìs ha puntato il dito contro «i militanti di al-Qaeda e alcuni libici reduci dall’Afghanistan». Ci sono loro «dietro la rivolta di questi giorni. Ci sono ex detenuti di Guantanamo consegnatici dagli americani: si erano pentiti e li avevamo liberati e loro hanno formato cellule terroristiche dormienti». Si tratta, ha precisato, «di piccoli gruppi di Bengasi e di al-Zawiyah, anche di Misurata. Molti sono venuti dall’estero e si sono fermati in questi posti. Alcuni sono venuti anche dall’Iraq, a scaglioni, tra loro ci sono anche stranieri ad esempio algerini».

L’inizio della rivolta secondo Gheddafi.
– La prima cellula di al-Qaeda ha attaccato la nostra brigata di al-Baydha, e ci hanno sorpreso. Così sono iniziati i primi scontri a fuoco e da lì si sono spostati a Bengasi. Nel primo scontro ci sono stati dai 100 ai 150 morti – ha detto – e sono rimasto sorpreso perché siamo passati dopo poco tempo a mille morti. Ho chiesto infatti di aprire un’inchiesta per capire come sia successo. Hanno attaccato le stazioni di polizia, e hanno perso il controllo della zona con le armi.

La resistenza dei ribelli

In Libia si combatte ancora e le forze fedeli a Muammar Gheddafi lanciano una controffensiva. Caccia militari dell’aviazione libica questa mattina hanno bombardato alcune zone della città di Ajdabiya, in Cirenaica, il cui centro è controllato dai rivoltosi. Anche a Brega le milizie fedeli al leader libico sono entrate nella città sparando all’impazzata e prendendo temporaneamente il controllo della zona caduta nei giorni scorsi nelle mani dei manifestanti.

Dopo un intenso scontro nel centro della città portuale della Cirenaica, i rivoltosi libici avrebbero riconquistato il centro della città. Secondo la tv satellitare ‘al-Arabiya durante il conflitto a Brega almeno 14 persone sarebbero morte. Parlando all’emittente araba l’ex ministro dell’Interno libico, Abdel Fattah Yunis, ha poi annunciato che anche l’aeroporto di Brega è stato riconquistato dai ribelli.

La città pur essendo piccola è sede di un importante terminal petrolifero con una produzione pari a circa 60mila barili al giorno. E tutta la zona è comunque considerata di grossa importanza dal punto di vista strategico perché la sua conquista aprirebbe le porte della parte orientale della Libia alle truppe di Gheddafi.
A Bengasi, riferisce Anne Chatelain, coordinatore medico di Medici senza frontiere (Msf) in Libia, «ci sono stati almeno 2.000 feriti negli scontri» anche se non è possibile «quantificare con esattezza il numero delle vittime». Nella città, ha poi aggiunto, «la situazione sembra normalizzata: la gente lavora, si muove e c’è cibo nei negozi. La sera le persone si riuniscono e suonano il clacson per mostrare la loro gioia».
Sul fronte politico interno, Gheddafi ha nominato due nuovi ministri, dopo che nei giorni scorsi i titolari del dicastero dell’Interno e della Giustizia si sono dimessi dai rispettivi incarichi, così ha riferito la tv di Stato libica.

Alla guida del dicastero dell’Interno Masoud Abdel Hafiz sostituisce Abdel Fattah Younes al Abidi e al ministero della Giustizia, al posto di Mustafa Mohamed Abdel Jalil, arriva Mohamed Amhamad al-Qamoudy. Inoltre, a Mohamed Aqri Al-Mahgouby è stato affidato l’incarico di procuratore generale, dopo le dimissioni di Abdul-Rahman al-Abbar.