Riforma giustizia, premier: “Io un po’ eroico e matto”

ROMA – “Un po’ eroico e matto” il premier Silvio Berlusconi sostiene la riforma della giustizia, convinto di avere finalmente una maggioranza solida per approvarla. Numeri che però non bastano a varare modifiche costituzionali e per questo, pur non risparmiando attacchi ad ex alleati e alla sinistra, Berlusconi chiama al tavolo l’opposizione.

Ieri il presidente della Camera Gianfranco Fini conferma l’intenzione del Terzo Polo di andare a vedere le carte “perchè non è una riforma ad personam” e un’apertura, tra mille critiche, al confronto in Parlamento arriva anche dal leader Pd Pierluigi Bersani.

Separazione delle carriere e responsabilità civile dei magistrati sono i punti sui quali il premier insiste per assicurare che la maggioranza “non farà forzature” ma punta ad inserire norme che “sono la regola in tutto il mondo” e che sono degne di “uno Stato di diritto” perchè “i pm sono cittadini come tutti gli altri”.
Una riforma sui cui tempi, però, Berlusconi racconta di aver dovuto insistere anche con i suoi che lo sconsigliavano “perchè sono sotto cinque processi”. Cautela che il Cavaliere ha ignorato “perché sono temerario, coraggioso, forse un po’ eroico e matto” ma anche perché ora il centrodestra, dopo essersi liberato “di una minoranza statalista e giustizialista”, è “più coeso e determinato”.

Accuse che l’ex alleato Gianfranco Fini liquida come la ricerca, da parte del Cavaliere, di “un capro espiatorio” per giustificare di non aver fatto prima la riforma “epocale”. E che non inibiscono la decisione del Terzo Polo di accettare il confronto. Non che Fini e Casini non siano scettici ma, come spiega il leader Udc, “abbiamo il dovere di andare a scoprire se le carte del governo sulla giustizia sono truccate o se contengono qualche furberia ad personam”.

Politicamente sarebbe “un errore dare un alibi a Berlusconi”, chiudendo a priori la porta alla discussione. Anche perché, ha ammesso il presidente della Camera, “non si tratta di una legge ad personam” anche se “non è vero – come sostiene il premier -, che in Italia ci sia una dittatura dei giudici”.

Il Terzo Polo lascia quindi al premier l’onere della prova, accetta il dialogo anche perché, afferma l’ex capo di An, la Costituzione non “è intangibile”, basta che non sia cambiata “a colpi di maggioranza”.
Confronti si’, confronto no sono parole “fumose”, alle quali preferire un sigaro toscano, per Bersani che oggi ingaggia un botta e risposta a distanza con Casini sulla strategia di opposizione.

Il leader Udc critica l’Aventino del Pd che però il segretario democratico nega, chiarendo la linea anche ad uso interno. “Noi non facciamo nessun Aventino: siamo in Parlamento e lì discutiamo”, assicura Bersani, differenziandosi dall’Idv, ma invitando il Terzo Polo ad “aspettare qualche settimana” per verificare se veramente non si tratti di una legge ad personam e di uno stratagemma del premier “per mettersi al centro del ring”.