Julio Cesar e Goran Pandev. Dall’inferno al paradiso in sei minuti

MILANO – Se la serata fosse finita solo sei minuti prima, non sarebbe stato uno scandalo indicarli come i principali indiziati della disfatta interista in Europa. Invece alla fine Julio Cesar è stato portato in trionfo e negli spogliatoi dell’Allianz Arena Pandev è stato festeggiato come se avesse segnato il gol che vale una coppa del Mondo.

E’ difficile definirli gli eroi della serata, perché senza Eto’o e Sneijder molto probabilmente la squadra di Leonardo non sarebbe andata nemmeno vicina al successo contro il Bayern e al passaggio ai quarti di finale. Ma il portiere brasiliano e l’attaccante macedone sono stati i due fattori impazziti che hanno trasformato una partita in discesa in un calvario, una rimonta in una impresa o, per dirla con Moratti, in una “classica partita da Inter”.

Risorgere con il primo gol in Europa dopo oltre tre anni, giusto in tempo per salvare i campioni in carica da una precoce eliminazione dalla Champions è stata un’idea degna di un ottimo sceneggiatore. Sufficiente a illuminare una stagione che fin qui valeva l’etichetta di film di serie B. Solo quattro gol, quasi uno ogni seicento minuti. Poi, di destro, è arrivata “la rete più importante della mia carriera”, come l’ha definita lo stesso Pandev, criticato non senza motivo negli ultimi mesi da chi si aspettava potesse far sentire di meno l’assenza dI Milito.

E anche la serata di Monaco rischiava di essere archiviata fra le pagine da dimenticare, nonostante l’assist a Eto’o dopo tre minuti. Nei successivi 84 prima del gol, Pandev è stato il nulla. Anzi, è stato tante cose ma una peggio dell’altra. I compagni di squadra lo hanno festeggiato, ma anche “preso in giro” per i tanti errori.
“Goran era in serata no ma… poi c’é stato il gol – allargava le braccia felice Moratti al termine -. Il calcio è strano. Senza segnare sarebbe stato un disastro”. Nulla più disastroso, però, della papera di Julio Cesar, tecnicamente ben più grave di quella dell’andata, e ancora più pesante.
“Quando ho preso il gol di Gomez volevo andare via subito, andare a Milano a piedi, ma poi – raccontava dopo la festa in spogliatoio – mi sono ripreso”.

La forza del brasiliano è stata non staccare la spina, accantonare l’immagine dell’errore e pensare solo alla parata successiva. Istinto e riflessi hanno funzionato su Gomez e su Ribery. Poi sono state lacrime quando i compagni lo hanno portato in trionfo sotto la gradinata dei tifosi interisti.
“Sono forte? Non l’ho dimostrato certo in questi 180’”, è la replica del portiere, che come Pandev sa di non meritare il ruolo di eroe ma sa com’é un viaggio all’inferno al paradiso in sei minuti.