Romano, ministro con ‘riserva’. E’ scontro Colle-premier

ROMA – La nomina di Saverio Romano a ministro dell’Agricoltura segna un ulteriore raffreddamento dei rapporti fra Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi. Da mesi il barometro segnava freddo. Lo scorso ottobre all’atto della nomina, poco gradita dal Colle, del ministro Paolo Romani, il carattere sbrigativo della cerimonia rivelò un picco di gelo. Ieri si è andati ancora oltre quando Berlusconi ha insistito per la nomina del parlamentare siciliano nonostante le ripetute obiezioni del presidente della Repubblica, il quale lo ha accontentato, rendendo però subito dopo pubbliche le sue riserve per ragioni di opportunità politico-istituzionale.

Non era ancora accaduto nella storia della Repubblica. Nei casi precedenti che si ricordano (uno per tutti: quello di Cesare Previti, che Berlusconi voleva alla Giustizia e che Ciampi accettò solo alla Difesa) il confronto ha sempre portato a una soluzione condivisa. Stavolta non è stato possibile. Già una settimana fa, il premier aveva proposto Romano ministro dell’Agricoltura. Napolitano lo aveva invitato a modificare la scelta in considerazione delle indagini giudiziarie che lo vedono indagato ‘’per gravi imputazioni’’ (concorso in associazione mafiosa e corruzione aggravata).


Si tratta di indagini in via di archiviazione, aveva obiettato l’interessato. Per vederci chiaro, gli uffici giuridici del Quirinale si sono rivolti alla Procura di Palermo. I magistrati hanno prospettato un quadro che conferma le riserve del Colle: i procedimenti sono due. Per il primo, il pm ha chiesto l’archiviazione, ma il gip si è opposto e non è detto che la richiesta sarà accolta; per l’altro procedimento, le indagini sono in svolgimento e non si può prevederne l’esito. Sarebbe dunque più prudente scegliere un altro ministro, ha fatto osservare Napolitano.


Non c’è stato niente da fare: l’ingresso nell’esecutivo dell’esponente dei Responsabili è necessario per consolidare la maggioranza, ha detto Berlusconi, formalizzando la proposta. Di fronte a questa rigidità, il presidente della Repubblica, per evitare uno scontro istituzionale, obtorto collo, ha nominato Romano. Lo ha fatto, ha poi spiegato, ‘’non ravvisando impedimenti giuridico formali che ne giustificassero un diniego’’ e auspicando ‘’che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del ministro’’.
Ma dopo che il neo ministro ha giurato sulla Costituzione ed è entrato in carica, Napolitano ha fatto conoscere il suo netto dissenso diffondendo una nota ufficiale da cui traspaiono preoccupazione e disappunto. Il capo dello Stato puntualizza che ‘’dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni. Ed essendo risultato che il giudice delle indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Palermo, e che sono previste sue decisioni nelle prossime settimane, ha espresso riserve – conclude la nota – sull’ipotesi di nomina dal punto di vista dell’opportunità politico istituzionale’’.


Nel pomeriggio c’è stato anche un botta e risposta fra il neo ministro e il Quirinale. Romano ha detto di essere bersaglio di ‘’veleni’’ e persecuzioni giudiziarie, e ha contestato la nota del Colle, definendola ‘’inesatta’’ poichè parla di gravi imputazioni mentre egli ha solo la veste di indagato. Inoltre Romano ha tentato di distinguere fra la posizione di Napolitano e quella dell’estensore della nota. Ma dal Quirinale hanno ribattuto invitandolo a rileggersi il testo.

LA SCHEDA

PALERMO – Per quello che doveva essere il suo giorno più importante, indossa l’abito delle grandi occasioni. In grigio, elegantissimo, Saverio Romano, 46 anni, avvocato, si presenta al Quirinale per giurare da ministro dell’Agricoltura nelle mani del Capo dello Stato. Un momento a cui ha voluto assistessero anche la moglie e il primo dei suoi tre figli, ‘’funestato’’, però, da una nota in cui il Colle parla di ‘’riserve politico-istituzionali’’ sulla nomina e conferma quelle che finora erano state indiscrezioni: e cioè che Napolitano aveva ritenuto necessario ‘’assumere informazioni sullo stato del procedimento per gravi imputazioni’’ aperto a carico del leader del Pid.


Il riferimento è a due indagini pendenti sul neoministro: entrambe affidate alla Procura di Palermo, entrambe potenzialmente pesantissime. Romano, infatti, è indagato per concorso in associazione mafiosa e corruzione aggravata in due distinti procedimenti. Per uno la procura ha chiesto, seppure con riserve, l’archiviazione, ma il gip ha rimandato indietro l’istanza fissando un’udienza che potrebbe concludersi anche con l’indicazione, ai pm, di andare più a fondo nell’indagine. L’altro, quello nato dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, invece, è ancora tutto da approfondire e ruota attorno alle mazzette date ai politici da una società che avrebbe dovuto distribuire gas russo.


Con Romano sono indagati anche Salvatore Cuffaro (in carcere per una condanna a sette anni per favoreggiamento di Cosa nostra) e il senatore del Pdl Carlo Vizzini. Un quadro complesso a cui potrebbero aggiungersi anche le valutazioni dei giudici della Cassazione che hanno confermato la condanna di Cuffaro a 7 anni per favoreggiamento aggravato. Secondo indiscrezioni, infatti, nelle motivazioni del verdetto, attese per i prossimi giorni, potrebbe parlarsi anche di Romano. Lui, dal canto suo, sottolinea però di non aver mai subito condanne, e anzi di non essere mai stato rinviato a giudizio e processato.


Laureato in giurisprudenza, il neoministro siciliano è sposato e padre di tre figli, Antonio, Giorgio e Chiara. Ex segretario regionale del movimento giovanile della Dc, poi consigliere provinciale a Palermo, nel 1997 diventa presidente dell’Ircac, il più grande ente creditizio siciliano. Vi rimarrà fino al 2001, per poi diventare deputato nazionale. Durante il primo mandato è componente delle Commissioni giustizia, bilancio, finanze, cultura, trasporti e vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti. Nel Berlusconi tre è sottosegretario al Lavoro. Alle ultime politiche è stato confermato alla Camera nelle fila dell’Udc.


– Altro che venduti, siamo un partito di centro che sceglie il centrodestra e che ritiene lesiva di ogni democrazia ogni forma di trasformismo – disse quando l’11 ottobre presentò a Palermo la prima assemblea dei Popolari per l’Italia di domani. E fu proprio lui, dopo avere abbandonato l’Udc di cui era segretario regionale, in polemica con Pier Ferdinando Casini, a fare gli onori di casa in quell’affollatissimo incontro
Nei giorni precedenti insieme ai deputati del Pid Calogero Mannino, Michele Pisacane, Giuseppe Drago e Giuseppe Ruvolo, aveva votato la fiducia al governo Berlusconi. La rottura con il suo ex partito era nata perchè l’Udc aveva appoggiato la formazione della quarta giunta regionale guidata da Raffaele Lombardo e sostenuta anche dal Pd. Per Romano oggi si sono aperte le porte del ministero dell’Agricoltura, dicastero negli anni ‘80 guidato proprio dall’ex leader Dc, Calogero Mannino, che ha lasciato il Pid poco dopo la sua nascita.
– Saverio Romano ha perso la bussola: siamo usciti dall’Udc non per entrare nel Pdl – pare abbia sibilato l’anziano deputato siciliano, che ha appena costituito ‘Iniziativa popolare’. Ma sul nuovo ministro, come detto, pesano le riserve del presidente della Repubblica relative alle gravi indagini che pendono su Romano. Per il neo ministro, però, insistere sulle sue vicende giudiziarie è solo ‘’veleno e dietrologia’’.