Immigrazione, a Lampedusa esplode la protesta

LAMPEDUSA – Nel pieno dello scontro politico sulle misure per l’emergenza immigrazione a Lampedusa, dove ci sono oltre cinquemila tunisini e gli sbarchi proseguono senza sosta (700 gli arrivi, 250 le partenze), gli abitanti hanno scelto di fare da soli, al grido ‘’resistenza’’. A riprendersi in mano l’isola sono state le donne che hanno occupato il porto per diverse ore proseguendo l’azione anche dopo avere appreso la notizia che, domani, arriveranno nell’isola sei navi su disposizione dell’unità di crisi.


Madri e figlie si sono incatenate, hanno occupato il molo ‘Favaloro’, ribaltando cassonetti e bloccando la strada. Poi hanno incitato i loro uomini a darsi una mossa. Così un gruppo di pescatori ha recuperato dodici barconi, quelli usati dai migranti per i viaggi in mare e sequestrati. Con delle corde li hanno trainati fino all’imboccatura del porto.


‘’Da qui non passa più nessuno’’, urlavano le donne dalla banchina dove sventolavano bandiere della Trinacria e quella a scacchi delle Pelagie. Inneggiando alla ‘’libertà, liberta’’’ si sono poi unite col passare dei minuti altre donne, mentre veniva alzato un grande striscione con la scritta: ‘’Siamo pieni’’. Il blocco è stato però aggirato da un barcone con una cinquantina di migranti, che ha raggiunto la banchina commerciale: ad aiutarli a scendere dalla carretta sono stati alcuni tunisini scesi subito dalla ‘’collina della vergogna’’ che sovrasta la stazione marittima dove sono accampati in migliaia tra sporcizia e rifiuti.


Dall’altro lato del porto le donne mostravano tutta la loro rabbia, in una sorta di ‘’sfida’’ tra due mondi, entrambi stanchi e sfiniti dopo due mesi vissuti in totale emergenza. La rabbia è esplosa alla fine di un’assemblea infuocata nella sala del municipio, alla presenza del governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo. Il clima è diventato tesissimo quando un giovane ha raccontato che un gruppo di immigrati aveva depredato la casa dove vive con i genitori. E che il padre, nel tentativo di fermarli, era stato colpito con un pugno al volto. A quel punto dalla sala sono partire urla contro gli amministratori accusati di non fare abbastanza.


‘’Armateci’’, gridava un uomo in preda al delirio, mentre le voci degli isolani si sovrapponevano in un coro di disperazione. A fare paura soprattutto il rischio che l’isola potesse essere messa in quarantena per epidemia (ma gli esperti lo escludono) e trasformata nell’ Alcatraz del mediterraneo. Ma anche la presenza di tunisini che dormono vicino la scuola, con le madri che chiedono posti fissi di polizia per garantire la sicurezza dei figli.


La miccia l’ha accesa, però, Vincenzo D’Ancona, presidente del consiglio comunale, che per placare gli animi ha apostrofato come ‘’bestie’’ le donne presenti in sala. A quel punto s’è sfiorata la rissa. Lombardo ha invitato alla ‘’resistenza pacifica’’, mentre un gruppo di donne partiva verso il porto per bloccarlo. Proprio in quel momento è arrivato nella sala Luigi Solina, vittima, assieme alla moglie dell’ aggressione e del furto in casa. La coppia abita, col figlio Mirko, a villa Ambra, una casa vacanza in contrada Croce dove sono alloggiati anche operatori della Croce Rossa. Salina racconta l’aggressione mostrando il referto medico rilasciato dal poliambulatorio dove si è fatto visitare in mattinata: ha una contusione allo zigomo.
– Stavo rientrando con mia moglie dalla chiesa, intorno alle 20 – dice – Ho visto la porta della casa aperta, ci siamo spaventati. Ho capito che c’era qualcuno e ho chiamato subito i carabinieri col telefonino. Ma mi hanno sentito, erano in cinque o in sei. Mia moglie era spaventata. Uno di loro è venuto verso di me e mi ha dato un pugno.


L’attesa, adesso, è per l’arrivo delle navi promesse dal ministro Maroni.

IL PIANO


Via dall’isola con 6 navi

ROMA – Sei navi per evacuare l’isola e almeno altre due tendopoli, a Trapani e in provincia di Pisa, per accogliere le migliaia di migranti sbarcati in questi giorni: prende finalmente corpo il piano per liberare Lampedusa allo stremo e invasa da oltre cinquemila tunisini. Un’accelerazione dovuta alla situazione ormai fuori controllo sull’isola e che prevederebbe anche l’ipotesi di riportare in Tunisia i migranti con le navi civili.
Il piano, su cui stanno lavorando i tecnici dell’unità di crisi del Viminale, sarà mercoledì sul tavolo del Consiglio dei ministri, assieme all’intesa raggiunta da Maroni e Frattini venerdì scorso a Tunisi per bloccare le partenze. Accordo, di fatto, completamente ignorato dalle autorità tunisine. L’Italia si è impegnata a fornire uomini, mezzi e e apparecchiature per il controllo dei porti, ad addestrare le forze di polizia e a mettere sul piatto 150 milioni per il rilancio dell’economia. Oltre ad una dote di 2.500 dollari, nonostante le critiche della Lega, per ogni tunisino che volontariamente decide di rientrare nel proprio paese. Ma tutto ciò è condizionato ad un impegno delle autorità per bloccare i flussi migratori.


– Se non ci sarà un segnale concreto dalla Tunisia per fermare i flussi migratori, procederemo con i rimpatri forzosi. Abbiamo già predisposto gli strumenti necessari per procedere dopo il Cdm – ha minacciato il ministro dell’Interno. L’ipotesi su cui si sta lavorando è quella di riportare direttamente in Tunisia, con delle navi civili, le migliaia di migranti arrivati a Lampedusa. Ma si tratta di un percorso in realtà di difficile realizzazione: la maggior parte dei migranti arrivati a Lampedusa non sono stati ancora identificati e, dunque, non possono essere rimpatriati. E’ molto probabile dunque che l’ipotesi serva a far pressione sul governo di Tunisi, affinchè rispetti l’accordo.


Nel frattempo è necessario svuotare Lampedusa al più presto. Mercoledi dunque arriveranno nell’isola cinque navi passeggeri e la San Marco della Marina Militare, per un totale di diecimila posti. L’obiettivo èr quello di portare via tutti i migranti, sperando che non ne arrivino altri. Per ospitare gli oltre cinquemila tunisini, il Viminale ha deciso di individuare una serie di aree dove allestire le tendopoli e utilizzare alcuni dei 13 siti messi a disposizione dalla Difesa che, nelle intenzioni del governo, avrebbero dovuto accogliere soltanto i profughi provenienti dalla Libia: tra caserme e aree dismesse ci sono Trapani, Marsala (Trapani) e Torretta (Palermo) in Sicilia, Manduria (Taranto), Carapelle (Foggia) e San Pancrazio Salentino (Brindisi) in Puglia, Boceda (Massa Carrara) in Toscana, Monghidoro (Bologna) in Emilia Romagna, Cirè e Front (Torino) in Piemonte, Castano Primo (Milano) in Lombardia, Clauzetto (Pordenone) e Sgonico (Trieste) in Friuli Venezia Giulia.


Due campi sono di fatto già in funzione: la tendopoli di Manduria, dove ci sono circa 600 migranti e oggi ne arriveranno con nave Grimaldi altri 827, e quella nell’ex aeroporto di Chinisia a Trapani, dove si sta predisponendo l’accoglienza per 500 persone. Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano ha assicurato che a Manduria andranno al massimo 1.500 migranti, anche se le tende presenti sono 350 e, dunque, consentono di portare il campo da un minimo di 2.100 a un massimo di 2.800-3.000 posti.


In ogni caso troppo pochi per i numeri di Lampedusa. Per questo verrà realizzata almeno un’altra tendopoli, con ogni probabilità a Coltano in provincia di Pisa. E non è escluso che se ne faccia una anche al nord.
– E’ intenzione del governo – ha confermato Mantovano – far sì che il carico di questa situazione venga distribuito su tutto il territorio nazionale.


Subito dopo il Cdm, infatti, è in programma l’incontro al Viminale con Regioni, Province e Comuni: sarà quella l’occasione per ribadire che per superare l’emergenza serve il contributo di tutti, nessuno escluso.