Armi ai ribelli? Gli alleati sono divisi

BRUXELLES – Mentre sul terreno le sorti del conflitto sembrano tornare a favore delle forze di Gheddafi, con il ritiro dei ribelli da Ras Lanuf, la comunità internazionale si divide sulla possibilità di armare gli insorti.


Gli Usa, la Gran Bretagna e la Francia non escludono di potere fornire assistenza anche attraverso il rifornimento di armi, l’Italia considera questa ipotesi una “extrema ratio”, la Russia si dichiara totalmente contraria mentre la Nato ribadisce che è in Libia “per proteggere le popolazioni e non per armarle”.


Lo scontro si accende mentre si sta completando la transizione dalla missione “Odissea all’alba” della coalizione dei volenterosi alla missione “Unified protector”, che agisce sotto la catena di comando dell’Alleanza. “Il passaggio di consegne, cominciato ieri all’alba, è già stato attuato per oltre l’80%” ed è previsto si completi al massimo entro oggi, riferisce l’ambasciatore Riccardo Sessa, rappresentante permanente dell’Italia presso il consiglio Atlantico della Nato.


Secondo l’ambasciatore, “della questione delle armi, nella Nato non se n’è mai parlato e non se ne parla proprio: non fa parte dei nostri compiti”. “L’Alleanza è in Libia anche per imporre l’embargo delle armi”, ricorda Sessa. “Se ci fossero consegne di armi ai ribelli, sarebbe una violazione palese della risoluzione Onu”.
Fuori dalle stanze Nato, la questione però tiene banco. Il presidente americano Barack Obama non ha escluso l’ipotesi di fornire armi all’opposizione libica, precisando che è in corso una valutazione sul rapporto di forze tra i ribelli e il regime di Muammar Gheddafi per arrivare a una decisione. “Una delle questioni a cui stiamo cercando di dare risposta – ha detto Obama in un’intervista all’Nbc, alla Abc, alla Cbs News – è se le forze di Gheddafi sono state sufficientemente indebolite, perché allora non sarebbe necessario armare i ribelli”.


Sulla stessa linea si è espresso il premier britannico David Cameron, parlando stamattina alla Camera dei Comuni. Il ministro degli esteri britannico William Hague ha precisato che “al momento la questione è accademica perché la Gran Bretagna non consegna armi ai ribelli in Libia né è a conoscenza di altri che lo stiano facendo”.


Per l’Italia, l’ipotesi è controversa. “Quel che è certo è che dobbiamo favorire l’opzione politica: armare i ribelli potrebbe essere solo una extrema ratio”, ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini.
Belgio e Norvegia sono apertamente contrarie. Per il ministro degli Esteri belga Steven Vanackere sarebbe comunque necessario passare al vaglio di una nuova risoluzione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. “Armare i ribelli è una tappa troppo avanzata”, ha spiegato Vanackere. “Ciò potrebbe costarci il sostegno del mondo arabo”. “Per quanto riguarda la Norvegia – ha chiarito il ministro della Difesa Grete – Dare armi ai ribelli libici non è di attualità”.


I dubbi e le perplessità non giungono solo dalle capitali europee. Secondo Il New York Times, anche dentro l’amministrazione Usa il dibattito è molto acceso e ci sono divisioni. Citando fonti ufficiali di alto livello, il Nyt scrive che “alcuni temono che fornire armi possa significare un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti in una guerra civile”. I timori riguardano anche la possibilità che “alcuni combattenti possano avere legami con al Qaida”.