Gheddafi scrive a Obama: “Stop ai raid Nato” Reporter Usa scoprono foto di torture

BRUXELLES- Il leader libico Muhammar Gheddafi ha scritto una lettera al Presidente statunitense, Barack Obama, chiedendogli di porre fine ai raid della Nato in Libia. La conferma arriva dalla CNN che cita fonti autorevoli dell’Amministrazione Usa. Per tutta risposta, la Casa Bianca chiede al Raìs “fatti e non parole”.
Nel pomeriggio la Nato aveva replicato agli insorti, che l’accusavano di aver ridotto il numero attacchi contro le forze di Gheddafi. “Il ritmo delle operazioni della Nato continua con la stessa identita’”, ha chiarito una fonte dell’Alleanza, ricordando che da quando la Nato ha assunto il comando di “Unified Protector”, il 31 marzo scorso, ci sono state “oltre 330” missioni aeree di combattimento. La vice portavoce dell’Alleanza, Carmen Romero, ha spiegato che se ci sono difficoltà è perché “la situazione sul terreno sta costantemente evolvendo: le forze di Gheddafi stanno cambiando tattica, usano veicoli civili, nascondono i carri armati nelle citta’ come Misurata e usano scudi umani”.


Il vice comandante dell’operazione Unified Protector, Russ Harding, ha detto che veicoli pesanti delle forze governative sono stati distrutti da velivoli Nato a Misurata. I carri armati “rappresentavano una minaccia per i civili”, ha spiegato, sottolineando le difficoltà incontrate dagli aerei Nato qualora “vengano usati civili come scudi. Intraprenderemo azioni al meglio delle nostre possibilità, lavorando in maniera chirurgica nelle altre zone in cui la popolazione civile è in pericolo. Esiste un limite fisico a quello che possiamo fare in caso vengano usati i civili come scudi, ma ciò non significa che non abbiamo l’intenzione, la potenza e la volontà di agire”. “Crediamo di aver ridotto del 30% la capacità militare libica che è stata mobilitata per azioni di aggressione” ha dichiarato. “Abbiamo messo fuori uso le loro forze aeree e seriamente danneggiato le loro difese aeree”. “Negli ultimi giorni – ha detto Harding – le forze governative libiche sono passate all’uso di tattiche non convenzionali, mescolandosi al traffico stradale e usando civili come scudo per la loro avanzata. In risposta, la Nato ha effettuato bombardamenti chirurgici per recidere il percorso principale tra Ajdibaya e Misurata”. In risposta ad alcuni media che hanno dichiarato che la Nato ha preso le parti dei ribelli, Harding ha ribadito che “l’Alleanza attaccherà qualunque forza intenda colpire i civili. È stato Gheddafi a dichiarare che non avrà nessuna pietà per il suo stesso popolo, e che i suoi militari hanno bombardato civili e città, e continuano a minacciare innocenti”.

Le foto delle torture


Intanto, alcune foto che testimoniano le torture commesse dagli uomini del colonnello Muammar Gheddafi contro gli insorti sono state ritrovate da un gruppo di giornalisti al secondo piano di una stazione di polizia a Zawiyah, città della Libia nord-occidentale, in Tripolitania. Come scrive l’inviato del New York Times, nelle foto sono ritratti uomini seminudi che portano sul corpo segni di torture e cicatrici, altri con le mani legate dietro la schiena, altri ancora in una pozza di sangue. In altre foto si vedono le armi bianche usate dai torturatori, tra cui bottiglie rotte e polveri.


Le foto sono state scoperte per caso durante un tour per i giornalisti organizzato proprio dagli uomini del regime, per mostrare la devastazione di Zawiyah, città in cui si è combattutto per una settimana circa e ora tornata sotto il controllo dei lealisti. Le notizie di feroci torture contro i ribelli circolano da tempo. Le emittenti satellitari arabe hanno raccolto le testimonianze di diversi testimoni o di prigionieri sfuggiti ai lealisti. Ha fatto scalpore il caso di Eman al-Obeidi, donna arrestata il 26 marzo a Tripoli dopo aver accusato 15 uomini di Gheddafi di averla stuprata per due giorni a causa del suo impegno per i diritti umani. La donna è stata liberata all’inizio della settimana, ma afferma di essere tuttora sotto minaccia.

Gli scontri continuano


Sarebbe di almeno due morti e 26 feriti il bilancio dei combattimenti di ieri a Misurata tra forze fedeli a Gheddafi e insorti. Gli insorti avrebbero cominciato a esportare i primi carichi di petrolio. Una nave – riferisce ‘al-Arabiya’, è salpata dal porto di Tobruk, destinazione sconosciuta. Negli ultimi tempi è circolata la notizia che gli insorti avrebbero stretto un accordo con il Qatar per la vendita di greggio. I ribelli confermano di aver ricevuto armi da “paesi amici” senza specificare quali e chiedono “ulteriori aiuti”. Il generale Abdel Fattah Yunes, ex ministro dell’Interno del regime libico e attuale capo delle forze armate dei ribelli di Bengasi, ha chiesto ai paesi della Nato di “escludere i ribelli dall’applicazione della ‘no fly zone’ imposta sulla Libia, in modo da consentire loro di effettuare raid aerei contro le brigate di Muammar Gheddafi”. La possibilità di fornire armi ai ribelli però continua a dividere le grandi potenze. Da Mosca il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha ammonito la Nato sostenendo che questo “violerebbe la Risoluzione Onu” che non consente “interferenze nella guerra civile” in atto nel Paese.

Algeria: “C’è Al-Qaeda”


L’Algeria lancia l’allarme: “Siamo preoccupati per la presenza di al-Qaeda tra i ribelli libici e il suo rafforzamento nel paese”. Lo ha detto il ministro algerino per gli Affari africani, Abdel Qader Masahil. “I terroristi sono riusciti a ottenere armi pesanti e sofisticate approfittando della guerra e ciò mette in pericolo la regione”.
Una fonte della sicurezza algerina ha riferito che la cellula di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) starebbe inviando kamikaze in Libia per compiere attacchi suicidi contro le brigate di Gheddafi. Gli inquirenti seguono la pista alla luce delle indagini che hanno portato all’identificazione di un terrorista algerino di al-Qaeda, Dhakar Qader, ucciso nei giorni scorsi a Illizi, nel sud vicino al confine con la Libia, durante uno scontro a fuoco con la polizia di frontiera algerina. Il terrorista era stato inseguito poco prima dagli uomini della sicurezza del regime libico. Secondo gli inquirenti algerini, era stato inviato in Libia dal capo della cellula di Aqmi come kamikaze. Aveva con sé una cintura esplosiva ed un kalashnikov. Qader era riuscito ad attraversare il confine tra Algeria e Libia, ma arrivato a Ghadames è stato individuato dagli uomini di Gheddafi che lo hanno costretto a rientrare in Algeria e a affrontare le guardie frontaliere. Il terrorista si è rifiutato di arrendersi ed ha combattuto fino a quando non è stato ucciso. Gli inquirenti libici sono convinti che al-Qaeda si sia infiltrata tra le fila dei ribelli di Bengasi e che partecipi alla guerra contro le brigate di Gheddafi.

La Turchia


Il ruolo diplomatico è affidato alla Turchia. Il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu ha incontrato Mahmoud Jibril, responsabile del governo transitorio libico, con cui ha discusso dell’ipotesi di un cessate il fuoco con le forze fedeli a Gheddafi. La Turchia è impegnata in uno sforzo umanitario con navi e aerei per la cura e l’evacuazione di feriti dalle zone libiche teatro degli scontri. Gli insorti hanno accolto con disappunto la decisione di Ankara, contraria all’ipotesi di armare i ribelli di Bengasi.

Aznar: ‘Ora Cuba’


L’ex presidente del Governo spagnolo José María Aznar ha affermato che “non vale fare una cosa in Libia e il contrario a Cuba” perchè il “valore della libertà è universale e non si può applicare a beneficio d’inventario o per convenienza”. Ha aggiunto che i libici hanno lo stesso diritto alla libertà dei cubani e che le vite dei cittadini dei due paesi venno protette ugualmente. Riferendosi all’intervento della coalizione in Libia, ha assicurato che: “Ora ci sono molte cose che dipendono dal successo di molta gente e io desidero che si produca questo successo”.
Aznar ha visitato Tripoli nel 2003, affascinato da Muamar el Gheddafi, che gli regalò un cavallo di razza araba chiamato “Raggio del leader”.

In Italia


Intanto a Roma sulla crisi in Libia e sull’emergenza immigrati dal Nord Africa si è tenuto un vertice interministeriale presieduto dal premier Silvio Berlusconi, cui hanno partecipato tra gli altri i ministri degli Esteri Franco Frattini, della Difesa Ignazio La Russa, dell’Interno Roberto Maroni, della Giustizia Angelino Alfano. Nessuna dichiarazione ufficiale è stata resa.