Berlusconi: «Serve una nuova Costituzione». E’ polemica

ROMA – Senza una nuova Costituzione che consenta alla maggioranza eletta di varare i provvedimenti e le riforme promesse ai cittadini, non si avrà mai una ”vera democrazia”. Silvio Berlusconi torna ad auspicare un assetto istituzionale che consenta maggiore governabilità, superando quella suddivisione di poteri fra i vari organi dello Stato comprensibilmente voluta dai padri costituenti negli anni successivi al fascismo, ma che oggi non ha più ragion d’essere. Parole che scatenano la reazione delle opposizioni che, compattamente, si schierano in difesa della Carta e si scagliano contro il presidente del Consiglio.


– Quando scesi in politica dissi ‘qua bisogna cambiare tutto’, e mi facevo tante illusioni… – premette il capo del governo durante una cerimonia per la premiazione di alcuni giovani laureati a palazzo Chigi. Una disillusione che il Cavaliere ha più volte espresso in privato, soprattutto in questi giorni in cui sta toccando con mano la difficoltà di portare a casa provvedimenti a lui particolarmente cari, come la prescrizione breve (”andremo avanti come treni”, dice in proposito) o la riforma della giustizia (per impedire un nuovo golpe come nel ’92”). Tanto da mettere in dubbio la possibilità di varare le grandi riforme annunciate. In pubblico, però, si mostra ottimista. Non lesina battute, piccole gag e barzellette con i ragazzi che premia. Ma si fa serio quando parla di politica.


Ora la maggioranza è ”più esigua, ma assolutamente più coesa” nella volontà di varare le riforme, a cominciare da quella ”indispensabile” della giustizia che finora non è stato possibile per colpa dei vecchi alleati: Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini.


– Stavano sempre dalla parte dei privilegi dei giudici – si lamenta Berlusconi -. Serve anche una riforma del fisco che porti ad un ‘codice unico’ entro il 2013 per sfoltire quella selva di leggi che fanno ammattire persino i commercialisti. Ma soprattutto – prosegue nel ragionamento -, c’è bisogno di una riforma dell’architettura istituzionale, che attualmente risente del fatto che i padri della Costituzione, venendo dal periodo fascista preferirono negare ogni potere al governo, suddividendolo fra il capo dello Stato, la Corte Costituzionale e le Assemblee.


Uno spezzettamento che Berlusconi ritiene giustificato per quei tempi, ma ormai anacronistico.


– Il governo può al massimo suggerire dei provvedimenti che poi iniziano un iter interminabile fra le due Camere. Inoltre – aggiunge – il tutto deve piacere al capo dello Stato.


Insomma, a suo parere, un testo che esce come un ”purosangue” dal Cdm rischia di trasformarsi in un ”ippopotamo”. Anche perchè, prosegue con l’immancabile affondo a giudici e Consulta, ”se questa legge non piace ai pm di sinistra la impugnano” e la Corte costituzionale che è ”composta da 11 persone che provengono dall’area della sinistra la abroga”. Insomma, è la sua conclusione, ”il popolo vota, il Parlamento lavora, ma non succede niente e per arrivare a un Paese che sia una vera democrazie dobbiamo fare una riforma della costituzione”.


Immediate le reazioni delle opposizioni.


– Quando non si hanno argomenti, si dicono cose prive di fondamento – è la replica del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ribatte alle affermazioni del Cavaliere sostenendo che le leggi devono essere fatte per le vittime, non per gli accusati. Pier Ferdinando Casini preferisce usare l’ironia:


– Ha delle ossessioni… – replica il leader centrista. Senza appello la condanna di Pier Luigi Bersani che chiede al premier di non toccare la Carta:


– Prima che arrivasse lui nessuno aveva dubbi che avessimo una vera democrazia: non si permetta di trattare in questo modo la Carta costituzionale – ha detto il segretario del Pd, sottolineando che quella italiana è ”la Costituzione più bella del mondo e non consentiremo a Berlusconi di sfasciarla”.