Libia: pressing Nato sull’Italia. Roma: «Decidiamo noi»

ROMA – Non solo altri mezzi aerei con capacità di attacco (per l’Italia Tornado, Amx e Av-8B) ma anche uomini nell’ottica di una eventuale ‘forza di interposizione’ della Nato da inviare in Libia, magari tra Tripolitania e Cirenaica, per gestire ed accompagnare la transizione. Per adesso è solo un’ipotesi, ma il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen sta cautamente sondando i Paesi dell’Alleanza, consapevole – al di là delle dichiarazioni ufficiali – che la Nato ha bisogno di uno scatto di reni per superare lo stallo sul terreno tra insorti e lealisti e dare una prospettiva di sicurezza anche al post-conflitto.


Rasmussen ha parlato ieri con il ministro degli Esteri Franco Frattini. Il colloquio rientra nel giro di consultazioni che in queste ore il segretario generale dell’Alleanza sta infittendo in vista della riunione del Gruppo di Contatto di Doha e soprattutto della ministeriale Nato di giovedì e venerdì prossimi a Berlino. Lo scenario disegnato da Rasmussen si regge su due considerazioni. E’ noto che oltre all’Unione europea, anche la Nato ha già pianificato una missione umanitaria in Libia: entrambe le missioni sono pronte a essere dispiegate se ci sarà una richiesta da parte dell’Ocha, l’organizzazione Onu per gli affari umanitari. E anche se nel quartier generale dell’Alleanza il refrain di questi giorni è ‘niente scarponi sul terreno’, è evidente che una missione, pur umanitaria, dovrà prevedere il coinvolgimento di truppe di terra: per proteggere i civili e garantire la sicurezza, la missione dovrà avere forza coercitiva.


Il secondo cardine è proprio la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E’ vero che esclude ‘forze di occupazione’ in Libia, ma prevede altresi’ ”ogni mezzo necessario” per proteggere i civili, minacciati in queste ore dalla nuova avanzata dell’esercito di Gheddafi verso est. Truppe ‘cuscinetto’ degli Alleati andrebbero a fare proprio questo: proteggere i civili, non certo ‘occupare’ la Libia. Senza aver bisogno di essere ‘coperte’ da una nuova risoluzione dell’Onu. E’ l’interpretazione ‘elastica’ che della risoluzione 1973 danno i francesi e che sta cominciando a considerare seriamente anche Rasmussen.


Il pressing della Nato, ‘orfana’ in questa situazione della potenza e dell’esperienza degli Stati Uniti, sempre più defilati, si sta concentrando su questo. Per il momento l’Italia ha ascoltato con molta attenzione le considerazioni di Rasmussen, senza ovviamente poter dare una risposta subito.


– Non c’è nessuna decisione operativa immediata – riferiscono fonti della Farnesina.


Autorizzare bombardamenti o garantire disponibilità di truppe non rientra nelle disponibilità di un singolo ministro. Così oggi sia la Farnesina che il titolare della Difesa Ignazio La Russa si sono affrettati a precisare che dovrà essere tutto il governo ”a prendere le proprie decisioni” sulle richieste della Nato e dei ribelli del Cnt.


Lo scoglio principale, nella maggioranza, rimane l’estrema diffidenza della Lega, già innervosita dall’emergenza immigrazione. La ‘cabina di regia’ a Palazzo Chigi sulla Libia potrebbe però essere investita del problema nei prossimi giorni. Assieme, ovviamente, al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Martedì intanto, dopo la visita questa settimana di al Isawi, arriva in Italia il capo degli insorti di Bengasi Jalil: il fatto che abbia scelto Roma per la sua prima missione all’estero dimostra come la Farnesina sia riuscita velocemente a risalire la china nei rapporti con il Cnt dopo l’iniziale iper-attivismo francese. Sarà ricevuto da Berlusconi a Palazzo Chigi, da Frattini e anche al Colle da Giorgio Napolitano.