Frattini: «Misurata, città martire». Appello all’Onu

BENGASI – Il mondo si mobilita per la ‘’città martire di Misurata’’, l’enclave controllata dai ribelli libici che si oppongono a Muammar Gheddafi, nel conflitto tra Tripoli e Bengasi che rischia di scatenare una emergenza umanitaria per oltre 3 milioni e mezzo di persone, denuncia Ban Ki-moon. Dalla capitale degli insorti, intanto, ogni giorno partono battelli diretti a ovest, carichi di aiuti: ieri è stata la volta della Ionan Spirit, messa in acqua dall’organizzazione internazionale dei migranti, che evacuerà nelle prossime 24 ore almeno un migliaio di persone.


– Misurata è una città martire, un disastro, una strage. Gli aiuti umanitari sono una priorità, riconosciuta durante il vertice di Doha – ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sottolineando che quello per fermare il massacro a Misurata è uno degli importanti passi avanti riconosciuti nel corso del gruppo di contatto. Dal vertice è partita la denuncia del segretario generale dell’Onu. Ban ki-moom ha tuonato:
– Nella peggiore delle ipotesi, fino a 3,6 milioni potrebbero aver bisogno di aiuto umanitario in Libia, praticamente la metà della popolazione. Per impedire questa emergenza, e fondamentale che la comunità internazionale resti unita e parli con una sola voce .


Soddisfatti i ribelli, che per bocca del portavoce Abdel Ghogha hanno espresso compiacimento per gli ‘’eccezionali risultati’’ del vertice. Bengasi coglie l’occasione per smussare le critiche alla Nato: le bombe che hanno fatto strage anche tra i ribelli sono state lanciate contro forze, quelle di Gheddafi, che usano scudi umani.


E mentre la diplomazia internazionale preme sull’acceleratore, le organizzazioni umanitarie non restano con le mani in mano: ieri mattina, come preannunciato, è attraccata nel porto di Bengasi la Ionan Spirit dell’Oim. Il battello, un traghetto, ha caricato aiuti e poi è partito in serata alla volta di Misurata.


Tripoli sembra aver deciso di chiudere gli occhi, se non addirittura collaborare.


– I precedenti contatti con l’ufficio del governo sono stati molto positivi e all’insegna della cooperazione – ha spiegato Jeremy R.A. Haslam, dell’unità di crisi dell’Oim a Bengasi. Il rais, in parole povere, ha dato il proprio sì all’operazione. A Misurata, la Ionan farà salire a bordo circa mille persone, in gran parte lavoratori stranieri rimasti intrappolati in città, provenienti dall’Africa occidentale, ma anche dal Bangladesh.