Pressing di Confindustria: «Delude il piano crescita»

ROMA – Bene il rigore, ma ancora non c’è la scossa all’economia che le imprese ritengono non più rinviabile. Con il Documento di economia e finanza (Def) e Piano nazionale delle riforme (Pnr) non è stato centrato – è il giudizio delle associazioni di imprenditori – l’obiettivo di affiancare alle misure per la stabilità dei conti pubblici quelle per il sostegno a crescita e sviluppo. Per Confindustria è condivisibile che ‘’senza stabilità della finanza pubblica non è possibile lo sviluppo economico’’, ma, ed in particolare oggi in questa delicata fase per l’economia del Paese indebolita dalla crisi, ‘’è vera anche la relazione inversa: senza crescita è molto difficile conseguire la stabilità finanziaria’’.


Così via dell’Astronomia, ha spiegato il dg Giampaolo Galli, giudica il Pnr ‘’deludente per quanto attiene alle azioni concrete’’ per crescita e competitività. E chiede:
– Serve uno scatto di orgoglio per affrontare le urgenze del Paese.


Così anche Rete Imprese Italia, che condivide l’obiettivo del pareggio di bilancio per il 2014, ma ritiene ‘’insufficienti’’, un ‘’limite’’ del documento del governo, le misure per lo sviluppo. Lo ha indicato in rappresentanza dell’organizzazione delle pmi Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato: mancano, dice, ‘’quelle indicazioni che si configurerebbero come una scossa all’economia italiana, c’è un apprezzabile realismo, ma c’è sicuramente più enfasi per la stabilità che per la crescita’’.


Posizioni espresse nel round di audizioni in Parlamento, di fronte alle Commissioni finanze e bilancio di Camera e Senato in seduta congiunta. Per Confindustria l’impegno di risanamento indicato dal governo nel Def è ‘’estremamente ambizioso’’, con manovre il biennio 2013-2014 da ‘’circa 39 miliardi, cifra ben superiore a quella di 25 miliardi approvata la scorsa estate’’. Dati che, ha indicato ai parlamentari il direttore generale Giampaolo Galli ‘’delineano uno sforzo di gran lunga superiore a quello compiuto negli anni ‘90 per rispettare i parametri di Maastricht e partecipare fin dall’inizio alla moneta unica europea’’.


A preoccupare gli industriali anche il taglio degli investimenti pubblici, che ‘’scenderebbero a 27 miliardi già nel 2012, erano 38 miliardi nel 2009. Si tratta di una diminuzione consistente che avrà effetti di lungo periodo sull’infrastrutturazione del Paese ed è in contrasto con le raccomandazioni dell’Unione Europea, che chiede di effettuare il risanamento senza penalizzare la spesa in infrastrutture’’. E se si da atto al governo di aver adottato un quadro di previsioni macroeconomiche più realistico, le stime ‘’sottolineano ulteriormente quanto siano impegnativi gli obiettivi di riduzione del disavanzo pubblico’’ e, ribadiscono gli industriali, ‘’sottolineano altresì quanto sia urgente mettere in atto le misure per rilanciare la crescita economica’’.