Mediaset: il governo solleva il conflitto davanti alla Consulta

ROMA – E due. Dopo il conflitto sollevato dalla Camera sul caso Ruby, un seconda offensiva contro i magistrati di Milano arriverà presto alla Corte Costituzionale. Il governo ha infatti deciso di fare ricorso alla Consulta contro i giudici del processo Mediaset, dinanzi ai quali il premier Berlusconi è imputato di frode fiscale, per aver rifiutato di considerare legittimo impedimento la sua partecipazione al consiglio dei ministri del primo marzo 2010. Quel giorno il premier venne ritenuto contumace perchè – scrissero i giudici della prima sezione del tribunale presieduti da Edoardo D’Avossa – ”nulla è stato dedotto” riguardo la necessità e l’inderogabilità di un Cdm convocato in una data successiva a quella in cui era stata già fissata l’udienza Mediaset.


Tenuto anche conto che altre tre udienze erano saltate, l’istanza di legittimo impedimento fu rigettata per non ”svilire” la funzione giudiziaria. Il conflitto con cui la Presidenza del Consiglio chiederà alla Corte Costituzionale di annullare l’ordinanza di Milano verrà depositato tra non molto dall’Avvocatura generale dello Stato, alla quale il mandato è stato conferito nei giorni scorsi. A Palazzo della Consulta non c’è ancora traccia, invece, del ricorso votato dalla Camera il 5 aprile scorso sul caso Ruby, per il quale il premier è imputato di concussione e prostituzione minorile Già un anno fa il mancato riconoscimento del legittimo impedimento al processo Mediaset fu considerato dal premier un atto di aperta ostilità dei giudici di Milano e venne stigmatizzato anche dal ministro della Giustizia Angelino Alfano nel corso di quello stesso Cdm (convocato inusualmente di lunedì) conclusosi col varo del ddl anticorruzione (messo però a punto nella sua stesura definitiva diverse settimane dopo e poi arenatosi al Senato). Già allora gli avvocati-parlamentari del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, dissero che ricorrevano gli estremi per sollevare un conflitto di attribuzione. Il ricorso non venne tuttavia presentato perchè nel giro di un mese, in aprile, entrò in vigore la legge-ponte che – in attesa di uno ‘scudo’ costituzionale per le alte cariche dello Stato – consentiva al premier di restare lontano dalle aule di giustizia per almeno 18 mesi, grazie ad un meccanismo di autocertificazione del legittimo impedimento. Ma quella legge, lo scorso gennaio, è stata bocciata in più punti dalla Corte Costituzionale.


Ecco dunque tornare ora di attualità quel conflitto, in un’ottica di ‘manovra a tenaglia’ che governo e maggioranza parlamentare hanno intrapreso sui processi a carico del premier. Se il caso Mills (in cui Berlusconi è accusato di corruzione in atti giudiziari) rischia infatti di ‘morire’ anzitempo grazie al processo breve varato dalla Camera e ora all’esame del Senato, i conflitti alla Consulta su Ruby, Mediaset e anche su una querela per diffamazione intentata da Di Pietro contro Berlusconi potrebbero in ipotesi essere stoppati grazie a un emendamento al ddl ‘allunga-processi’. L’emendamento, preannunciato dal Pdl al Senato ma non ancora presentato, dovrebbe prevedere l’obbligo per il giudice di sospendere il processo in attesa che la Consulta decida nel merito dei conflitti di attribuzione. Per l’ennesima volta la Corte Costituzionale tornerà ad essere dirimente nel braccio di ferro tra Berlusconi e la magistratura.