Immigrazione, S.M.C. Vetere: fughe, tensione e rabbia

NAPOLI – I cittadini di Santa Maria Capua Vetere, agli immigrati, ci sono abituati. Sono parte di loro, lavorano tra loro. Ecco perchè dal primo giorno in cui nell’ex caserma ‘Adolfato’ sono arrivati gli immigrati tunisini, c’è chi ha raccolto gli indumenti, chi le scarpe, chi le sigarette. Ed ecco anche perchè stasera, proprio lì davanti al centro, dove in queste ultime ore lanci di sassi contro la polizia si sono alternati a fughe e a sciopero della fame, ci sarà una via crucis.


La trasformazione da Centro di accoglienza a Centro di identificazione ed espulsione, non è piaciuta a nessuno. E, quindi, tra poche ore, laici e cattolici protesteranno: contro quello che, dicono, è diventato un ”Golgota”. Alcuni tunisini, dall’ex caserma, hanno tentato la fuga. Hanno scavalcato il muro di cinta alto circa cinque metri, si sono tagliati con i cocci di vetro che sono lì sù in cima. Sono, poi, caduti.


– E molti di loro sono finiti in ospedale, anche in gravi condizioni – dice Suor Rita responsabile della Comunità Rut. Gianluca Castaldi, della Caritas, nell’ex caserma è entrato poche ore fa. ‘


– C’è una rabbia e una tensione inimmaginabile – racconta – hanno detto di essere stati picchiati, ci hanno mostrato i buchi nelle loro tende causati dai lacrimogeni. Sono in 200, c’è anche un 16enne. Lì dentro c’è la disperazione ed ora che hanno saputo che è diventato un centro di identificazione, noi temiamo il peggio.


Suor Rita, al pari di Camilla Bernabei, della Cgil, come di Gianluca Castaldi, della Caritas, non ci stanno a questa trasformazione. Stasera don Antonio Pagano, del Duomo di Santa Maria Maggiore di Santa Maria Capua Vetere, dall’altare lo ribadirà:


– Dobbiamo accogliere questi cittadini che hanno bisogno di noi.


E il punto, che in queste ore non va giù a tutti, è proprio questo: i cittadini casertani, gli immigrati, vogliono accoglierli.


– Ed, invece, vedremo questi poveri uomini costretti a soffrire – dice ferma Suor Rita – prima abbiamo applaudito il loro coraggio nella conquista della libertà, ed ora li rimandiamo a casa. Troviamo assurdo che si sia agito in maniera così subdola e silenziosa e che si approfitti di questi giorni in cui la Chiesa è impegnata dalle liturgie, per agire in questo modo disumano. C’è una chiesa pronta a dire no, quello è un Golgota. Anche io sono entrata in quelle tende e tanti, tantissimi mi hanno urlato: ‘Meglio morire qui che rientrare nei nostri paesi’. Sconcerta come l’Italia si sta comportando.


C’è, poi, la camorra, che nel Casertano ha casa. E il rischio dice Camilla Bernabei, segretario generale della Cgil Caserta, ”è che una volta fuggiti dal quel centro, ci siano i clan ad accoglierli a braccia aperte”.


– Come si fa a pensare di collocare un Cie in un territorio già così martoriato – spiega – e come si fa a pensare di farli stare in delle tende, ora che arriva il caldo, per un periodo lungo? Noi volevamo aiutarli, e non possiamo affatto permetterci di chiuderli in una gabbia.