Libia, i ribelli liberano Misurata

ROMA – ‘Misurata è libera’ ma il suo futuro è ancora incerto. Il destino della città simbolo della guerra libica, sotto assedio da settimane, è ora in mano alle tribù, dopo la ritirata delle truppe di Gheddafi. Ma è proprio sul significato di questo passaggio di testimone, salutato comunque con entusiasmo al termine di un’altra giornata di combattimenti con 25 morti e oltre 100 feriti, che ora si interrogano gli stessi ribelli. Una notizia, quella della ritirata delle truppe verdi, che arriva nel giorno in cui la Nato ha intensificato i raid su Tripoli e gli Usa hanno deciso di lanciare i primi attacchi con i droni, gli aerei senza pilota usati nelle operazioni in Afghanistan e Pakistan.


Il risultato della prima missione dei ‘predator’ è stata la distruzione di un lanciarazzi multiplo delle forze di Gheddafi nei pressi di Misurata. A dare l’annuncio del cambio di strategia, nella notte, è stato il viceministro degli Esteri libico Khaled Kaim. Sotto la pressione dei raid Nato, ha spiegato, ”la soluzione chirurgica non funzione”. Di qui il cambio di strategia e la decisione di affidare alle tribù il compito di ”parlare con i ribelli” e porre fine ”con le buone o con le cattive” al conflitto.


Una decisione, secondo alcuni, ”imposta” dalle tribù, il segnale cioè che anche le più fedeli hanno deciso di voltare le spalle al rais, di fronte a combattimenti che stanno mettendo in ginocchio la popolazione. Un segno di debolezza di un Gheddafi sempre più solo, come sottolinea Idris al-Senussi, nipote del re libico deposto dal rais, che ha dovuto cedere agli ultimatum dei gruppi tribali. O forse no. Visto che alcune testimonianze raccolte dalla France presse a Misurata parlano di un improvviso cambio di testimone, sì, ma sul campo.


Non più truppe verdi, ma civili, combattenti senza divisa che impugnano le armi e combattono: truppe tribali, se così si può dire. E questo, insieme agli agguati fatti oggi dalle truppe di Gheddafi mentre si ritiravano da Misurata (c’è anche chi riferisce di stupri di bambini e mine antiuomo), spiegherebbe anche il pesante bilancio di morti e feriti della giornata. Da entrambe le parti. Quel che è certo è che i soldati del rais l’ordine di ritirarsi l’hanno ricevuto. E lo ha testimoniano uno di loro, Khaled Dorman, ferito e catturato dagli insorti.


– Ieri – ha assicurato – ci hanno detto di ritirarci.


Accanto ai combattimenti – le forze pro-Gheddafi hanno preso il controllo di Yafran, cittadina nella regione delle Montagne occidentali – il regime porta avanti anche il lavoro diplomatico, alla ricerca di contatti che l’aiutino a sbloccare la situazione. Il primo ministro libico Al Baghdadi ha avuto oggi un colloquio telefonico con il premier greco, al quale ha denunciato ”l’aggressione dei colonialisti crociati”, ed uno con il ministro degli esteri russo per valutare il ruolo di mediazione che potrebbero svolgere i due paesi.