Da Auschwitz alle Br, la Liberazione macchiata

ROMA – Scritte che ricordano l’orrore di Auschwitz, atti vandalici contro monumenti dedicati alla Resistenza e ai partigiani, stelle a cinque punte, manifesti fascisti, tentativi di mettere sullo stesso piano vincitori e vinti: macchiare l’anniversario della Liberazione resta un vizio nazionale in voga in tutto il Paese. Che non si preoccupa di sprofondare in errori storici, e morali, macroscopici: chiamare, ad esempio, fascisti i superstiti della Brigata ebraica che combatterono per liberare l’Italia e che hanno sfilato per le vie di Milano.


Malgrado l’ennesimo invito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ad evitare ‘scontri ciechi’, il cotè offerto dai nemici del 25 aprile è sempre lo stesso. Colorito dalle solite provocazioni politiche: qualche giorno fa la proposta di legge costituzionale presentata da alcuni senatori del Pdl per abolire la norma che vieta la ricostituzione del partito fascista; oggi le parole dell’europarlamentare della Lega Mario Borghezio.
– Il 25 aprile va abolito – ha detto – perchè non è una festa di tutti, di riconciliazione, ma soltanto di una parte, di coloro che hanno combattuto da una parte.


La palma dello squallore se l’aggiudicano però quegli anonimi che nella notte hanno saldato ad un ponte di un quartiere popolare e assai di moda di Roma, il Pigneto, una scritta – identica nei materiali e nei caratteri utilizzati – a quella situata all’ingresso del lager di Auschwitz, ‘’Arbeit macht frei’. Unica differenza, la lingua scelta: invece del tedesco, l’inglese (work will make you free).


Lunga 4 metri con lettere alte 30 cm, la scritta è frutto di un lungo lavoro e conta poco che l’obiettivo non fosse il 25 aprile ma gli incidenti sul lavoro (quando è stata tolta, è comparso uno striscione con 4 stelle a cinque punte e la scritta ‘basta morire uccisi dal lavoro e dall’indifferenza – Comitato no morti lavoro’). Resta, dice il sindaco Gianni Alemanno ‘’un gesto infame di pazzi scellerati’’.


Chiaramente contro la Liberazione sono le migliaia di manifesti apparsi in diversi quartieri di Roma due giorni fa e ancora non del tutto scomparsi: in alto la scritta ‘25 aprile’, al centro una foto d’epoca di camerati con tanto di armi e braccia alzate, in basso la frase ‘buona pasquetta’ e tre fasci littori al posto dei punti esclamativi. Fantasia che non hanno avuto quegli anonimi veneziani che sul monumento alla Partigiana in Riva Sette Martiri hanno appeso uno striscione con scritto ‘’25 aprile lutto nazionale’’ e gli altri che, a Poggio Bustone, in provincia di Rieti, hanno divelto la lapide del tenente dei partigiani Emo Battisti.


Anche Milano – mentre il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia ricordava ancora una volta che festeggiare il 25 aprile significa dire no ‘’ad ogni revisionismo e ad ogni negazionismo che finora hanno trovato troppi spazi – non ha fatto mancare il suo apporto alla causa di chi non festeggia. Il simbolo di Forza Nuova (che pero’ ha negato ogni responsabilita’) è apparso su una lapide commemorativa della Resistenza in piazza Costantino. E nell’hinterland, a Corsico, due giorni fa, sono stati bruciati gli addobbi sistemati sul monumento alla Resistenza e rubati quelli messi su un altro dedicato agli Alpini.


Convinto che il 25 aprile non sia quel ‘’rilancio sociale e civile’’ di tutta Italia invocato da Napolitano, anche chi ha distrutto mezza sede del Pd a Borgo San Lorenzo, nel Mugello, tappezzato di stelle a cinque punte la strada di Livorno dove si sono tenute le celebrazioni per la Liberazione e chi, nel luogo in cui a Firenze fu ucciso Giovanni Gentile ha scritto ‘’Gentile fascista eri il primo della lista, morte a te e a chi ti difende’’. Dice il vice presidente dell’Anpi, Massimo Rendina:
– C’è un decadimento della democrazia. Dobbiamo insegnare alle nuove generazioni ciò che è successo.