Onu e Ue, presto incontri sul tema Siria

GINEVRA – Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite terrà domani una sessione speciale sulla crisi in Siria. Lo riferisce un portavoce Onu, precisando che la riunione è stata convocata alla luce della violenta repressione dell’esercito siriano contro i dimostranti antiregime. La richiesta è stata presentata da Usa, Giappone, Messico, Corea del Sud, Senegal, Zambia ed altri 10 stati europei.


Intanto, si aggrava il bilancio degli scontri tra l’esercito e manifestanti: secondo l’osservatorio internazionale dei diritti umani i morti sono 453. I leader dell’opposizione fanno sapere che una colonna di 30 carri armati è partita da Damasco verso Daraa. Il segretario generale Onu, Ban Ki-moon ha condannato “il ricorrente uso della violenza” da parte del governo siriano per reprimere le proteste, dopo la morte di oltre 70 persone uccise a colpi di arma da fuoco.


Anche l’Unione europea si prepara a prendere iniziative nei confronti della Siria in una riunione degli ambasciatori, venerdì prossimo a Bruxelles, a seguito delle repressioni violente di manifestanti pacifici. “Tutte le opzioni sono sul tavolo” ha detto Michael Mann, il portavoce dell’Alto rappresentante per la Politica estera, Catherine Ashton, rispondendo alle domande dei giornalisti sulle ipotesi di imporre sanzioni al regime di Damasco. “La questione della Siria – ha aggiunto Mann – è nell’agenda di una riunione venerdì del Comitato politico di sicurezza del Consiglio”. “Iniziative concrete possono essere prese molto rapidamente” ha aggiunto il portavoce, ricordando comunque che “per prendere eventuali misure occorre il consenso dei 27 Stati membri”.


Intanto, altri 203 membri del Baath, partito al potere, si sono dimessi in segno di protesta verso la repressione delle proteste. In precedenza, era arrivata la rinuncia di una trentina di affiliati della regione di Baniyas. “I servizi di sicurezza hanno demolito i valori con i quali siamo cresciuti. Denunciamo e condanniamo tutto quello che è successo e annunciamo le nostre dimissioni dal partito”.