Post bin Laden, foto atroci e una miniera d’oro nel pc

WASHINGTON – Diffondere o no le foto del cadavere di Osama Bin Laden? Questo l’interrogativo alla Casa Bianca, che sta “valutando l’opportunità e la necessità di pubblicarle per via delle sensibilità” che potrebbe toccare.

La diffusione delle immagini del corpo del leader di Al Qaeda darebbero la prova al mondo intero dell’uccisione dello sceicco ma potrebbero anche “incendiare le passioni” in alcune parti del mondo, come avverte il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, che ha definito le immagini “truculente”.

Il vero successo per l’intelligence Usa è aver trovato il rifugio di Osama. Nell’edificio in cui si nascondeva, infatti, i militari dei Navy Seal hanno recuperato una vera “miniera d’oro”.
Computer, cd, dischetti, pennette sono stati prelevati dal rifugio del terrorista subito dopo il blitz. E ora il tutto sarà passato al microscopio dagli esperti.

La velocità è stata la chiave del successo dell’operazione durata in tutto una quarantina di minuti: la squadra dei Seal è arrivata a Abbottabad dall’Afghanistan a bordo di due Black Hawk che hanno creato agitazione tra i residenti della cittadina che hanno messo post su Twitter e chiamato le forze di sicurezza pakistane che però, si dice, erano all’oscuro di tutto.

Non sono mancati gli intoppi: uno degli elicotteri ha avuto un guasto atterrando nel cortile del compound, costringendo l’altro – che doveva stare di copertura all’esterno – a spostarsi, e far subito scattare l’invio di un terzo elicottero, un Chinook.


Intanto i commando avevano iniziato la loro avanzata, stanza dopo stanza – uccidendo almeno 4 delle persone messe a protezione di Bin Laden – fino a quando alla Situation Room dove stavano Obama e il team della Sicurezza Nazionale è arrivata la parola “Geronimo”, il nome in codice scelto per Bin Laden durante l’operazione.


Quanto alla sepoltura in mare, il New York Times rivela che la salma sarebbe lavata e avvolta in un lenzuolo bianco, come richiede, secondo gli Usa, la tradizione islamica, prima di essere affidato alle acque dell’Oceano Indiano. Una sepoltura già confermata dalla Casa Bianca come la “scelta più opportuna” per poter rispettare il precetto islamico che vuole che il corpo sia sepolto entro 24 ore dalla morte.
Senza contare che nessun paese avrebbe voluto ricevere il corpo di Bin Laden e tanto meno rendere il luogo della sua sepoltura una sorta di altare simbolico per tutti i suoi seguaci.

IL RIFUGIO

Torture waterboarding, forse da lì le informazioni

WASHINGTON – Per quanto riguarda il misterioso corriere che ha portato alla scoperta del rifugio, secondo quanto ha riferito una fonte diplomatica citata dalla Cnn, si tratterebbe del kuwaitiano Abu Ahmad al Kuwaiti. Le autorità Usa non hanno rivelato il nome dell’uomo, ma i documenti diffusi da Wikileaks su Guantanamo contengono diversi riferimenti ad al Kuwaiti negli interrogatori dei prigionieri ‘rafforzati’ con la tecnica del waterboarding. E proprio da questi interrogatori è emerso il nome del corriere, indicato come vicino a Khalid Sheikh Mohammed, il ‘cervello’ degli attentati dell’11/9, segnalato come uno degli uomini che accompagnò bin Laden a Tora Bora, dove gli statunitensi tentarono invano di catturarlo.


Donald Rumsfeld, che fu segretario alla Difesa durante gran parte dei mandati di George Bush, ha negato che la controversa tecnica dell’annegamento simulato sia servita a estorcere l’informazione. Queste informazioni sono state ottenute “con un normale approccio d’interrogatorio”, ha detto Rumsfeld.
Bandito nel 2009 da Barack Obama, il Waterboarding, impiegato in alcuni interrogatori della Cia,è considerata una forma di tortura nella quale, sul volto del prigioniero, coperto da un panno, viene versata dell’acqua, provocando un effetto di annegamento. Oltre a dolore e panico, può causare lesioni ai polmoni e danni cerebrali dovuti alla mancanza di ossigeno.


La Cia ha impiegato questa tecnica di interrogatorio su almeno tre sospetti terroristi legati ad Al Qaeda: Abu Zubaydah, Add al Rahim al Nashiri e Khaled Sheikh Mohammed. Nel caso di Mohammed, considerato l’organizzatore degli attentati dell’11/9, documenti ufficiali proverebbero che le informazioni ottenute durante l’interrogatorio fornirono elementi su un attacco terroristico a Los Angeles.
L’uso del waterboarding fu tra gli aspetti più controversi della presidenza di Bush. Membri dell’Amministrazione Usa negarono l’equiparazione del waterboarding alla tortura, facendo riferimento alla definizione data nel 2005 dall’ex direttore della Cia, Porter J. Goss, di “tecnica professionale di interrogatorio”.


Lo scrittore e giornalista Christopher Hitchens si sottopose volontariamente al waterboarding, giungendo alla conclusione che si trattava di tortura. L’anno dopo, il giornalista Erich Muller, sostenendo la tesi contraria, si sottopose allo stesso esperimento e però, cambiò la propria opinione. Lo scorso anno, George W. Bush confermò di avere approvato l’uso del waterboarding su Khaled Sheikh Mohammed, affermando: “Lo farei di nuovo per salvare delle vite”.

REAZIONE PAKISTAN

Islamabad non sapeva

WASHINGTON – Il ministero degli Esteri pakistano ha confermato ufficialmente di non essere stato informato preventivamente dagli Stati Uniti dell’operazione lanciata in Pakistan, durante la quale è stato ucciso bin Laden. Lo riferisce la tv al-Jazeera.

Dopo il blitz, si è capito che gli Usa non si fidano molto del Pakistan, ufficialmente alleato, ma molto ‘ambiguo’ nella lotta al terrorismo. I vertici Usa temevano che Islamabad potesse mettere a repentaglio l’operazione contro Osama Bin Laden: “Potevano avvisare i bersagli” ha detto il capo della Cia, Leon Panetta. Prima che Panetta ordinasse al generale William McRaven, capo del Joint Special Forces Command, di lanciare la missione, la CIA aveva riflettuto sul modo di impostare il raid. Fu deciso che “ogni sforzo volto a lavorare con il Pakistan rischiava di mettere a repentaglio la missione. Potevano allertare i bersagli”.

Secondo quanto ha affermato una fonte dell’intelligence di Islamabad, citata a condizione di anonimato dalla ‘Bbc’, l’operazione dei Navy Seals che ha portato all’uccisione del saudita, nascosto da almeno 5 anni in un compound situato ad Abbottabad, a circa 100 chilometri da Islamabad, è motivo “d’imbarazzo” per i servizi segreti pakistani (Isi).

DETTAGLI BLITZ

Bin Laden non era armato

WASHINGTON – Jay Carney ha riferito che Bin Laden non era armato al momento in cui è stato raggiunto dagli uomini delle unità speciali ed ucciso, quasi 10 anni dopo l’11 settembre, in una sparatoria insieme a un figlio, due miliziani e una donna, usata come scudo umano. Il fatto che sia stato ucciso dipenderebbe dalla forte “resistenza” incontrata dagli uomini delle forze speciali durante il blitz.

Diversa la versione riferita da una fonte della Jama’a Jihad pakistana, secondo cui Bin Laden sarebbe stato ucciso da una delle sue guardie del corpo per evitare che finisse nelle mani degli Usa. Le autorità pakistane hanno confermato l’arresto di membri della famiglia di Bin Laden e tra gli arrestati ci sarebbero feriti.

La figlia 12enne ha visto tutto

WASHINGTON – Col susseguirsi delle ore emergono dettagli sul blitz ad Abbottabad. Ad agire è stata la Seal Team-6 e all’operazione avrebbero preso parte “due dozzine’’ di militari della forza speciale della marina Usa (il NYT parla di 79, a bordo di 4 elicotteri). Bin Laden sarebbe stato ucciso da due proiettili: uno alla testa e uno al torace. Sua figlia, una ragazzina di 12-13 anni, avrebbe dichiarato di aver visto sparare al padre durante il raid.

Il ‘grande ricercato’ a 60 km dalla capitale

ISLAMABAD – Un blitz di 40 minuti condotto nella notte dai Navy Seals americani ha posto fine alla ‘missione’ jihadista di Osama bin Laden. L’uomo più ricercato del pianeta non si nascondeva in una oscura caverna afghana, ma in Pakistan – Paese che aveva sempre negato fosse sul suo territorio – in una villa circondata da alte mura ad Abbottabad, a 60 km da Islamabad. Ora la villa-bunker è assaltata da giornalisti e curiosi.

DAL WEB

Nuove foto. Un falso?

ROMA – Il sito LiveLeak.com ha pubblicato una nuova presunta foto di Bin Laden morto durante il raid delle forze speciali statunitensi in Pakistan. Il sito però non conferma l’autenticità della foto e in molti su Twitter si chiedono se si tratti di un nuovo falso.