I ribelli vogliono che Gheddafi venga “eliminato” dalla Nato

ROMA – Gheddafi come Osama Bin Laden. Ad augurare al colonnello la stessa fine dello sceicco del terrore sono i ribelli libici. “Siamo contenti per la morte di Bin Laden e stiamo aspettando il prossimo passo. Vogliamo che gli americani facciano lo stesso con Gheddafi”, è stato l’appello lanciato da Bengasi dal portavoce degli insorti, il colonnello Ahmed Bani. Ma le sue parole – così come la morte del figlio minore del rais Saif al-Islam (29 anni) e di tre nipotini durante un raid Nato a Tripoli – rinfocolano le polemiche sull’intervento degli alleati in Libia. Le cancellerie occidentali escludono che la ‘missione’ sia uccidere Gheddafi, ma il regime insiste nell’accusare la Nato di voler eliminare fisicamente il rais. Ieri sera è toccato al vice ministro degli Esteri libico Khaled Kaim puntare l’indice: non c’era nessun centro di comando nella zona colpita sabato con il raid in cui sono morti il figlio minore e i nipoti di Gheddafi, ha detto Kaim in un incontro con i giornalisti nel quale ha ribadito che la Nato mirava in realtà ad uccidere il colonnello, che al momento dell’attacco, secondo il regime, era nell’edificio assieme alla moglie rimanendo però miracolosamente illeso. Accuse che trovano terreno fertile in quei Paesi, come Cina e Russia, che si oppongono all’“escalation” degli alleati in Libia.


“Siamo preoccupati per la morte e i ferimenti dei civili causati dall’escalation del conflitto in Libia”, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri cinese Jiang Yu. Pechino “disapprova ogni atto che ecceda l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu e spera che tutte le parti cessino il fuoco”. Di “errore strategico” da parte degli alleati parla il quotidiano britannico Independent, secondo cui la Nato rischia di dare l’impressione che il conflitto in Libia alla fine non sia altro che un duello tra Gheddafi e l’Occidente e non la rivolta legittima di un popolo oppresso contro un “dittatore feroce”.


Ieri a Tripoli circa 2000 persone hanno partecipato ai funerali di Saif al-Arab e dei tre nipotini del rais (avevano tutti meno di 3 anni) con bandiere verdi e slogan pro-Gheddafi.


Intanto gli scontri continuano a Misurata, città controllata dagli insorti ma assediata da settimane dai miliziani del rais, che ieri hanno cercato di penetrare in città con i carri armati. Nel pomeriggio nuovi raid Nato hanno preso di mira le forze pro-Gheddafi stazionate in periferia, mettendo fine al lancio di razzi sul porto della città, fondamentale per l’approvvigionamento di armi e aiuti umanitari per gli insorti.


Anche la Turchia ha deciso di evacuare “per motivi di sicurezza” la sua ambasciata a Tripoli (l’ultima operativa) dopo gli attacchi condotti da folle inferocite contro le rappresentanze diplomatiche – già chiuse – di Italia e Gran Bretagna e di una sede delle Nazioni Unite, che hanno spinto anche l’Onu a ritirare il personale dalla capitale libica.