Libia: pronto il fondo per i ribelli, che però non escludono la monarchia

ROMA – Il vertice di Roma sulla Libia lancia un fondo speciale per aiutare gli insorti e avverte Gheddafi, sempre più “isolato” sulla scena internazionale, che “il tempo” per il suo regime “sta scadendo”. La riunione del Gruppo di contatto alla Farnesina, secondo il ministro degli Esteri Franco Frattini, ha segnato un passo in avanti, anche se la soluzione del rebus resta lontana. Tanto che lo stesso Frattini giudica “ambizioso” il piano del turco Davutoglu di un cessate il fuoco entro 7 giorni, ritenendolo raggiungibile in qualche settimana.

Sono stati il capo della diplomazia italiana e il segretario di Stato Usa Hillary Clinton – a Roma nella sua prima blindatissima missione dopo il blitz contro Bin Laden – ad aprire con un colloquio bilaterale (nel quale Frattini ha confermato il pieno “impegno” italiano in Libia) una riunione che ha raccolto allo stesso tavolo i rappresentanti di 22 Paesi e 6 organizzazioni internazionali, a partire dal segretario generale Nato Anders Fogh Rasmussen. La dichiarazione finale del vertice parla di un accordo per intensificare la pressione militare, economica e politica contro il regime, colpevole di azioni “inumane e criminali” contro il suo popolo che “non rimarranno impunite”. E di azioni militari come strumento apripista ad “una transizione politica che rifletta le volontà del popolo libico”.

Si tratta della road map illustrata dai due esponenti del Cnt che prevede per il post-Gheddafi un’assemblea nazionale ‘inclusiva’ per definire una Costituzione da sottoporre a referendum e ridare la parola al popolo con elezioni presidenziali e parlamentari. Un percorso speculare a quello dall’Italia dopo la fine della guerra.
Il Cnt, come primo “positivo segnale di volontà democratica”, ha detto Frattini, ha annunciato di voler procedere da subito ad elezioni comunali nelle zone che controlla.

Il fondo

La comunità internazionale ha garantito concreta solidarietà al Consiglio transitorio con la creazione di un “fondo speciale” per aiutare finanziariamente gli insorti. I ribelli, i “combattenti per la libertà” come vogliono farsi chiamare, hanno avvertito di avere casse vuote e di rischiare la bancarotta senza aiuti per 2 o 3 miliardi di dollari. La riunione di ieri è servita ad individuare un “meccanismo finanziario temporaneo” per raccogliere aiuti internazionali. Il fondo sarà gestito da un board ristretto di Paesi (tra cui Italia e Francia a rotazione semestrale), ma non dovrebbe essere rimpinguato dagli asset libici congelati all’estero: “Porrebbe problemi giuridici”, ha osservato il ministro degli Esteri francese Alain Juppé, “per questo abbiamo pensato ad una soluzione alternativa” basata su “doni, prestiti e solo poi su fondi scongelati”.

Per ora è stato solo il Kuwait a mettere sul piatto 180 mln di dollari, mentre il primo ministro del Qatar ha promesso 500 mln. Altri 250 mln, ha detto Frattini, sono già stati erogati dalla comunità internazionale per l’assistenza umanitaria, ma sono considerati ‘fuori sacco’ rispetto al fondo. Gli Stati Uniti pensano ad una soluzione legislativa per sbloccare almeno parte di quei 30 mld di dollari di beni libici congelati negli Usa per destinarli agli insorti.

Monarchia

Il primo ministro del governo ad interim degli insorti libici Mahmoud Jabril , ha dichiarato che ‘’non possiamo escludere’’ per il futuro della Libia ‘’la monarchia come sistema di governo’’.