Venerdì di sangue in Siria: 21 morti

DAMASCO – Ancora sangue in Siria in quello che è stato ribattezzato dall’opposizione il ‘giorno della sfida’ contro il regime di Damasco. E’ di almeno 21 morti il bilancio della violenta repressione odierna delle proteste antigovernative. Lo riferisce la tv al-Jazeera.


La sanguinosa repressione del Venerdì della Sfida, voluto dal fronte riformista, si è concentrata nella città di Homs, a nord della capitale Damasco, dove sono stati uccisi almeno 15 civili. L’esercito ha dispiegato carri armati in città. Negli scontri sarebbero morti anche un ufficiale e quattro soldati .


Al termine delle preghiere del venerdì mussulmano, come accade da diverse settimane, migliaia di persone si sono radunate in diverse località del Paese scandendo slogan contro il presidente Bashar al-Assad. Il tutto nonostante il governo siriano, nei giorni scorsi, abbia disposto centinaia di arresti di attivisti dentro e nei dintorni di Damasco per cercare di evitare manifestazioni nella capitale.


Il dissidente Ammar Abdulhamid riporta che «gli abitanti del sobborgo di Saqba di Damasco hanno detto che le forze della sicurezza negli ultimi tre giorni hanno condotto raid casa per casa arrestando centinaia di persone. La campagna in atto è sotto la supervisione delle unità affiliate alla quarta Divisione di Maher Al-Assad», fratello di Bashar, «come riferiscono testimoni».


Secondo attivisti per la difesa dei diritti umani, dall’inizio delle repressioni un mese e mezzo fa oltre 550 civili sono stati uccisi e migliaia sono stati arrestati.


Intanto, accordo raggiunto all’Ue sulle sanzioni contro 13 personalità del regime siriano, ma non contro il presidente Assad. Lo hanno detto fonti dell’Unione Europea, precisando che l’adozione formale delle sanzioni avverrà la prossima settimana.


Sull’esclusione di Assad da questa prima tornata di sanzioni – ma il suo nome, spiegano fonti a Bruxelles, può essere aggiunto in qualsiasi momento – ha dunque vinto la linea di Paesi come Italia, Germania, Cipro e Polonia, contrari «a mettere subito con le spalle al muro il presidente siriano, come avvenuto con il leader libico Muammar Gheddafi».


«L’idea era quella di approvare un primo pacchetto di ‘smart sanctions’ – sostengono le fonti – per vedere poi come evolve la situazione». Se le cose dovessero peggiorare ulteriormente si potrà pensare di colpire anche Assad, che Francia e Gran Bretagna volevano ‘punire’ sin da subito.