Sciabole contro i pm, campagna elettorale hot

Assume subito toni incandescenti l’ultima settimana di campagna elettorale. Ad accendere la miccia ci pensa il presidente del Consiglio, all’uscita dalla seduta del processo Mills. Nel mirino, neppure a dirlo, ancora i magistrati o, meglio, i pm che Silvio Berlusconi accusa di progetti eversivi e, per questa ragione, di essere ‘’un cancro della democrazia’’. Parole di fuoco, pronunciate quasi negli stessi minuti in cui il presidente della Repubblica, al Quirinale, celebrava la Giornata della Memoria delle vittime del terrorismo dedicata quest’anno ai magistrati, una categoria che ha pagato un tributo oneroso. A loro e, senza mai citarlo, a Berlusconi si è rivolto Napolitano quando ha ammonito che alla giustizia bisogna rivolgersi ‘’nella consapevolezza dell’onore che ad essa deve esser reso come premessa di ogni produttivo appello alla collaborazione necessaria per le riforme necessarie’’.

E l’opera dei magistrati contro il terrorismo è pesante come pietre e più forte ‘’di qualsiasi dissennato manifesto venga affisso sui muri della Milano di Emilio Alessandrini e Guido Galli, e di qualsiasi polemica politica indiscriminata’’. Parole chiare come chiari sono i destinatari. C’è voluta qualche ora prima che il premier aggiustasse il tiro. Non per smentire le parole contro i Pm, ma per distinguerli dai magistrati uccisi nel cui ricordo – dice in una nota-’’insieme al governo e all’Italia intera, mi inchino con rispetto e gratitudine, unendomi idealmente alle nobili parole pronunciate questa mattina dal Capo dello Stato’’.

Il tira e molla sulla giustizia, con Berlusconi nel ruolo di mattatore, appartiene ormai alla quotidianità dello scontro politico. E ogni volta dà la stura a congetture diverse sulle conseguenze politiche che ne possono scaturire. Allora il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ma anche Massimo D’Alema, immaginare una Lega in imbarazzo per gli attacchi del premier alla magistratura, e pronta a fare il pieno di voti ai danni del PdL. Il Cavaliere fa spallucce: ‘’retromarcia di Bossi? ma quale retromarcia’’, chiosa sbrigativo. E la lingua torna a battere dove il dente duole: la giustizia. Con l’ultima suggestione: una commissione di inchiesta alla quale il PdL sta pensando per evidenziare se all’interno della magistratura ‘’c’è un’associazione con fini a delinquere’’. La replica di Fini è netta: un’anomalia, un’assurdità.

Al fuoco di sbarramento del Cavaliere replica Di Pietro da par suo, ma il tono si fa minaccioso in direzione del Colle per ricordare che ‘’chi ha il dovere, come il Presidente della Repubblica, di fermare l’attacco alle istituzioni, non si può limitare a raccomandazioni e rimbrotti, deve fare dei passi concreti, altrimenti fra poco ci penserà il popolo’’.

L’odore della polvere sul campo di battaglia elettorale è fatto per eccitare gli animi, non per placarli. Ne sa qualcosa Napolitano, costretto a diffondere una nota per smentire ‘’pettegolezzi giornalistici’’, non semplici indiscrezioni, in relazione a incontri politici mai avuti negli ultimi giorni. Il Quirinale ha sentito la necessità di ‘’deplorare vivamente’’ la divulgazione di notizie ‘’del tutto infondate perfino sulla agenda giornaliera del Capo dello Stato’’.

Il paradosso dello scontro politico è evidente: Berlusconi lo fomenta e mantiene il centro della scena, conquistato roteando la sciabola contro i pm. Le opposizioni si ritrovano così sospinte sui margini della scena mediatica.

Massimo Colaiacomo