Sono 110 gli arresti per le proteste contro le dighe dell’Enel in Cile

SANTIAGO – Con più di 110 arresti sono terminate le proteste di lunedì contro la recente approvazione del progetto HidroAysén: 5 piante idroelettriche nella regione Aysén, in piena Patagonia, a 800 km a sud di Santiago. La HydroAysen, l’azienda cilena che opera in Cile in nome e per conto dell’Enel, acquisendo la spagnola Endesa ha acquisito ogni diritto di sfruttamento delle acque in Cile.


L’energia prodotta, un totale di 2.750 megawatt, dovrebbe essere trasportata a 2.300 km di distanza, verso Santiago e il suo distretto industriale, tramite una linea di trasmissione composta da 6mila torri alte 70 metri che attraverserà 9 regioni, 6 parchi nazionali e 67 comuni e che nei prossimi mesi dovrà passare il vaglio delle autorità ambientali, come precisa l’associazione italiana ‘Ya basta’.


Le organizzazioni denunciano l’impatto ambientale delle dighe, che una volta realizzate sommergeranno ben 5.600 ettari di un raro ecosistema forestale, con impatti socio-ambientali enormi per una delle aree di maggior pregio naturalistico del Pianeta. Non solo – spiega Ya basta – il Consiglio di difesa della Patagonia cilena denuncia “interessi nascosti” dietro l’obiettivo pubblicamente dichiarato di rifornire di energia ‘verde’, in un paese che potrebbe ricavare energia dall’oceano e dal sole con maggior facilità.


L’italiana Enel è capofila del progetto “HidroAysen”, tramite la sua controllata Endesa. L’Enel controlla già i diritti dell’acqua dei fiumi del sud del Cile sulla base di leggi risalenti al periodo della dittatura di Augusto Pinochet. Da mesi è in corso una mobilitazione popolare per recuperare questi diritti a favore della popolazione cilena.


Un sondaggio realizzato ad aprile rivela che il 61 % dei cittadini cileni sio oppone al progetto.
La Costituzione cilena, redatta all’epoca di Pinochet, consacra il diritto di sfruttamento privato dell’acqua.