Napolitano: «Stop ai veleni. La lotta politica non sia guerra»

FIRENZE – Mentre la campagna elettorale prosegue con battute tuonanti, colpi sotto la cintura, personalizzazione degli scontri, Giorgio Napolitano sogna un’altra Italia, più serena, meno lacerata, meno divisa. Insomma un paese che non sia avvolto dai veleni di una lotta politica che diventa una ‘’guerra continua’’. Vorrebbe un paese che non fosse sempre in campagna elettorale, nel quale ci dovrebbe essere la competizione politica, com’è naturale che sia, ma anche ‘’rispetto tra le parti che competono per la conquista della maggioranza’’. Un’Italia seria, laboriosa, ‘’rispettata dalla Comunità internazionale per il contributo che dà e anche per l’immagine che può dare di sé sul piano culturale, civile e morale’’.


Napolitano spera che l’Italia diventi così, ha detto al Quirinale, ad uno scolaro che gli aveva chiesto come sarà il nostro paese fra 50 anni. La domanda ha fatto sognare a occhi aperti il presidente, che prima di rispondere ha poggiato la mano sinistra alla tempia, com’è solito fare quando cerca le parole giuste.
– Per me – ha detto, con un palese riferimento alla sua età – è un po’ difficile immaginare come sarà il Paese tra cinquant’anni. Ma voi lo vedrete certamente. Anzi, lo costruirete, e dipenderà molto da voi come sarà. Io posso solo augurarvi che sia una Italia più serena, più sicura di sé, più consapevole delle sue straordinarie tradizioni. Vedete, noi italiani siamo eredi di uno straordinario patrimonio culturale, artistico e umanitario, e dobbiamo saperlo conservare e coltivare perché tutto il mondo si attende questo da noi.


Nel corso della ‘’La festa della scuola per i 150 anni dell’Unità d’Italia’’, Il capo dello stato ha premiato nove ‘’alfieri della Repubblica’’, studenti che si sono distinti per il loro impegno sociale, per avere aiutato concretamente i loro compagni ed altre persone in difficoltà. Storie che ricordano le buone azioni deamicisiane.


– L’Italia è fatta anche di queste cose , non solo di certe altre… – ha detto Napolitano con una allusione che ha fatto pensare a vicende poco edificanti di cui negli ultimi tempi si è molto parlato e che hanno coinvolto giovani italiani. Quello del presidente è stato un paragone solo accennato, ma ha arricchito quell’idea del divario fra l’Italia in cui vive e quella che vorrebbe.


Napolitano si sente tirato per la giacca da tutte le parti. C’è una gara ad attribuirgli scelte, propositi, incontri, strategie, e a spiegare con esse i comportamenti pubblici di leader politici e vertici istituzionali. In un paese serio, laborioso, queste cose non dovrebbero accadere. Quando accadono (spesso) Napolitano si sforza di lasciare correre. E il primo a pensare che una smentita a volte è una notizia data due volte. Ma di recente, di fronte alla ridda di illazioni, indiscrezioni non confermate, incontri presunti dati per certi, ipotesi recondite spacciate per scelte sicure, ha dovuto ricredersi, anche perchè questa prassi è diventata sempre più disinvolta. Perciò Napolitano ha cominciato a dare delle smentite. Ne ha date due, una dietro l’altra fra ieri ed oggi. Ieri aveva negato una serie di incontri con leader politici e con l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro dietro i quali i notisti indicavano una tessitura del capo dello stato per fare asse con la Lega Nord e per far saltare il governo con un ribaltone, come nel 1994. Oggi invece il Quirinale ha smentito la notizia diffusa da un quotidiano secondo la quale Napolitano avrebbe deciso di non firmare il cosiddetto decreto sviluppo, quello che prevede fra l’altro la proroga delle concessioni per 99 anni. Niente ancora di deciso, ha fatto sapere il Quirinale.