Libia, Raid Nato su Brega, molti i morti. L’Imam minaccia l’Italia

TRIPOLI – “Mille persone moriranno per ciascuno degli 11 imam uccisi” nel raid della Nato a Brega. Questa la minaccia lanciata nei confronti di “Italia, Francia, Danimarca, Qatar ed Emirati Arabi” (Paesi che fanno parte della coalizione dell’Alleanza Atlantica, ndr) da alcuni imam presenti ad una conferenza stampa del portavoce del Governo di Tripoli Moussa Ibrahim.


Rivolgendosi ai musulmani di tutto il mondo, i dignitari religiosi presenti alla conferenza stampa indetta dal regime di Tripoli per annunciare che i funerali degli 11 imam vittime del raid della Nato si terranno oggi, hanno incitato alla vendetta.


– Uccidete 1000 persone per ciascun imam ucciso in Italia, Francia, Danimarca, Qatar ed Emirati Arabi – hanno detto gli incitando il mondo musulmano alla rappresaglia.


Dal canto suo, la portavoce dell’Alleanza Atlantica, Carmen Romero, ha replicato alle minacce sostenendo che ”non c’è nessuna conferma che siano stati uccisi dalla Nato”.


La portavoce, alle minacce rivolte da alcuni imam a Italia, Francia, Danimarca, Qatar ed Emirati Arabi che accusano la Nato di aver ucciso almeno 16 civili – tra cui 11 imam – nel corso dei raid aerei di ieri sulla città libica di Brega, ha detto:


– Non commentiamo le minacce. Quello che dovevamo dire, lo abbiamo già detto in un comunicato ieri.


E ha ribadito come l’Alleanza è al corrente delle accuse ma non è in grado di confermare se ciò corrisponda alla realtà. La Nato esprime comunque il suo rammarico per eventuali perdite di vite umane tra i civili.


 


Fatwa contro l’Italia


E’ una vera e propria fatwa contro «Italia, Francia, Gran Bretagna, Qatar e Danimarca» quella lanciata da un imam libico, identificato come Noureddin al-Mijrah. Il religioso ha infatti invitato il mondo musulmano a uccidere «1.000 persone per ogni imam» morto ieri in un raid della Nato sulla città di Brega, in Libia. Secondo il portavoce del governo libico, Moussa Ibrahim, sono morti undici imam nel raid.


Ibrahim, citato dal sito web dell’emittente ‘al-Jazeera’, ha definito l’attacco «un crimine barbaro», precisando che i religioni sono stati uccisi mentre stavano dormendo. Il portavoce ha infine sottolineato che gli imam facevano parte di un gruppo di religiosi giunti a Brega per pregare per la fine del conflitto.


La Nato conferma l’attacco al bunker nella città di Brega, nell’est della Libia, nel quale, secondo il governo del colonnello Gheddafi, sono rimasti uccisi gli undici imam.


Secondo il membro del Comitato dei ricercatori dell’università egiziana di al-Azhar, Abdel Mouti al-Bayoumi, le minacce «non sono una fatwa, ma è propaganda di qualche religioso vicino al regime».


– Se la Nato pensava di bombardare un edificio militare allora si è trattato di un errore – spiega al-Azhar, una delle massime istituzioni islamiche mondiali -. Secondo la sharia la morte per errore prevede un risarcimento in denaro, la deya, pari al valore di quattro chili d’oro.


Per il sottosegretario all’Interno Francesco Nitto Palma la fatwa contro l’Italia e altri Paesi europei «non va assolutamente sottovalutata».


– E’ evidente – commenta – che certe dichiarazioni puntano a stimolare un risvolto religioso che finora non aveva caratterizzato la vicenda libica. E, sotto il profilo della sicurezza, certamente aggiungono un ulteriore profilo di attenzione.


Mentre il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica sottolinea:


– Due cose sono sicure nella vicenda libica: che più mezzi di comunicazione ci sono, meno chiarezza si fa sugli eventi; e che comunque noi non facciamo crociate contro nessuno.


Mario Scialoja, ex ambasciatore e membro del Consiglio di amministrazione del Centro Islamico Culturale d’Italia, si dice da parte sua convinto che l’intervento in Libia non provocherà «una ‘guerra di religione’ poiché è da prima della guerra italo-turca che la Libia vive una situazione di convivenza, sia pure difficile».


Intanto, il presidente del Consiglio nazionale transitorio Mahmoud Jibril è stato ricevuto alla Casa Bianca. Gli Stati Uniti considerano il Cnt «un interlocutore legittimo e credibile per il popolo libico», ha dichiarato, secondo quanto riferito da una nota, Tom Donilon, consigliere per la sicurezza degli Stati Uniti, al termine dell’incontro a Washington con il leader dei ribelli libici.