Netanyahu: pronto a compromessi ma no a confini 1967

WASHINGTON – “I palestinesi condividono questa piccola terra con noi”. Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in un passaggio del suo discorso al Congresso degli Stati Uniti.


Netanyahu ha ricordato il suo impegno per una soluzione “due Stati e due popoli” e si è detto “pronto a fare dolorosi compromessi per raggiungere questa pace” e di riconoscere che “potremmo dover cedere una parte della nostra terra ancestrale”. Quindi assicura che “saremo generosi sulle dimensioni del futuro Stato palestinese” ribadendo però che “Israele non tornerà ai confini indifendibili del 1967”. E “Gerusalemme non deve essere più divisa e deve rimanere la capitale unita d’Israele” che ha sempre protetto la libertà di tutte le fedi nella città santa.


Quindi l’appello al presidente palestinese Abu Mazen: “Abbas stracci il patto con Hamas, sieda con noi e negozi la pace. La pace non può essere imposta, deve essere negoziata e deve essere negoziata con un partner impegnato per la pace”, non Hamas che vuole “la distruzione di Israele”, ha detto ancora Netanyahu, parlando di Hamas come “la versione palestinese di al Qaeda”. Se faremo la pace, ha poi promesso, “Israele sarà il primo Paese ad accogliere lo Stato palestinese all’Onu”.


Anche per la Casa Bianca Hamas resta “un’organizzazione terroristica”, ha fatto sapere il vice consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, Ben Rhodes da Londra. “Solo quando cesserà l’uso del terrorismo e riconoscerà il diritto all’esistenza di Israele – ha affermato – potrà essere un partner credibile per la pace”.

La rispsta di Hamas


A stretto giro di posta arriva la replica, durissima, del movimento islamico palestinese che definisce il discorso del premier israeliano un tentativo di “falsificare la storia e di fuorviare l’opinione pubblica internazionale” con l’intento di “cancellarci dalla mappa del mondo”. Per Hamas le parole di Netanyahu contengono “incitamenti contro la nazione araba e islamica”, e costituiscono una “ingerenza negli affari interni palestinesi”. Secondo il movimento, il popolo palestinese, “è chiamato a dare una risposta concreta attraverso la rigorosa attuazione della riconciliazione e dell’unità nazionale, e l’adozione di una strategia globale per preservare, proteggere e rafforzare i nostri diritti, contro questo attacco che vuole cancellarci dalla mappa del mondo”.

L’alleanza con gli Stati Uniti


Netanyahu ha sottolineato il fatto di aver mantenuto una lotta congiunta con il suo alleato americano, gli Stati Uniti, contro il terrorismo nel mondo e ha detto che non è necessario che il suo paese venga invaso da truppe nordamericane perchè “noi ci possiamo difendere”.


– Amici, non avete bisogno di costruire un edificio in Israele, lo costruiamo noi. Non avete bisogno di esportare la democrazia in Israele perchè ce l’abbiamo già. Non avete bisogno d’inviare truppe dagli Usa in Israele perchè ci possiamo difendere da soli.


E ancora:
– Israele non ha migliore amico che gli Stati Uniti e gli Stati Uniti non hanno miglior amico che Israele. Siamo sempre stati e sempre saremo pro-americani.


Netanyahu ha assicurato che gli Usa “sono stati molto generosi” nel dargli strumenti per difendere Israele e ha risaltato l’impegno di Washington “con la sicurezza di Israele, in questi momenti di difficoltà economica lo apprezzo”.