Draghi: ultimo appello, rafforzare le banche

ROMA – Ultimo appuntamento, oggi, per ascoltare le considerazioni finali di Mario Draghi. Giunto ormai al suo quinto anniversario, nel tradizionale discorso rivolto a banchieri, imprenditori, autorità ed istituzioni, il governatore della Banca d’Italia uscente si appresta a puntare su temi già evidenziati negli ultimi anni. Se infatti lo scorso anno sosteneva con sollievo che, nonostante la più grave crisi economico finanziaria dal dopoguerra, la catastrofe era stata evitata, per l’Italia restano tuttora vivi e attuali problemi quali crescita, produttività e risanamento dei conti pubblici.


L’Italia è infatti zavorrata ancora, come al momento dell’esordio di Draghi alla guida di Bankitalia, da una crescita insufficiente e sotto la media europea. A rileggere le prime considerazioni finali del maggio 2006, dove si definiva ‘’la crescita una priorità assoluta’’, sembra di veder descritta la situazione attuale. E lo stesso Governatore in un suo recente intervento ha ricordato che i motivi di preoccupazione sono, ‘’purtroppo gli stessi che rilevavo cinque anni fa nelle mie prime Considerazioni finali’. ‘’Una crescita stentata – spiegava allora Draghi – alla lunga spegne il talento innovativo di un’economia; deprime le aspirazioni dei giovani; prelude al regresso; preoccupa particolarmente in un Paese come il nostro, su cui pesano un’evoluzione demografica sfavorevole e un alto debito pubblico’’.


Oggi, forse con una urgenza maggiore per via della crisi del debito sovrano, sui conti pubblici è forte la pressione per una stretta della spesa che riporti il deficit sotto la soglia del 3%. Una indicazione al rigore che è arrivata puntuale negli anni e che, con ogni probabilità, si ripeterà anche oggi. All’attuale ministro, Giulio Tremonti (visioni e divergenze personali a parte), Draghi ha riconosciuto lo sforzo sulla tenuta dei conti e la buona gestione della finanza pubblica, ma da sempre Palazzo Koch sprona la classe politica a fare di più.
Per Bankitalia l’opera di risanamento non può essere fatta solo riducendo la spesa, ma facendo ripartire il Paese. Con una crescita del Pil di almeno il 2% e una riduzione del deficit dello 0,5% si potrebbe ridurre anche il debito, come ci chiedono l’Europa e i mercati. Per questo, secondo quanto ha ricordato qualche settimana fa, sottolineare questo imperativo non è ‘un esercizio retorico ma una riflessione sul futuro del Paese e sulle prospettive delle generazioni ora più giovani’.


Per tornare sul sentiero della crescita Draghi ripete come un mantra alcune linee guida condivise anche dalle istituzioni internazionali. Servono riforme strutturali e quindi aumentare la propensione all’innovazione del sistema produttivo, accrescere i tassi di occupazione, limitare le emissioni inquinanti e favorire l’autonomia energetica, ridurre l’incidenza della povertà. E non bisogna dimenticare neppure le liberalizzazioni, in particolare quella dei trasporti.


Dal 2006 il banchiere centrale ha ricordato sempre più spesso l’importanza di uno sforzo comune per poter ricreare il clima economico dell’Italia nei suoi momenti migliori, come alla fine dell’Ottocento o dopo la seconda guerra mondiale. Immancabile infine, il riferimento alle banche. In questi cinque anni Draghi ha infatti seguito da vicino il mondo bancario contribuendo a preservarne la solidità malgrado la tempesta finanziaria internazionale. Ma se le banche italiane hanno retto Draghi non ha mai perso occasione per invitare gli istituti di credito a rafforzare i propri patrimoni.