Le opposizioni puntano sul referendum Bersani e Di Pietro preoccupati per il quorum

ROMA – Caricare i referendum di significati politici per dare una nuova spallata al governo o togliere loro ogni connotazione antiberlusconiana per convincere anche gli elettori di centrodestra ad andare a votare? E’ questo il dilemma che agita in queste ore il campo dei sostenitori dei quattro referendum su cui si voterà il 12 e il 13 giugno. A sorpresa l’alfiere della linea morbida è il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro che, da quando la Cassazione ha ammesso il referendum sul nucleare, non fa che dire che bisogna ‘’de-berlusconizzare’’ la consultazione, per evitare che gli elettori di centrodestra se ne restino a casa mettendo a rischio il raggiungimento del quorum.

Già, perchè, secondo la legge, il referendum non è valido se non va a votare almeno la metà più uno degli elettori: e il rischio della beffa c’è, visto che dal 1997 a oggi, nessuno dei 24 referendum su cui si è votato ha raggiunto il quorum.


La tesi di Di Pietro, dunque, è che ‘’bisogna convincere gli elettori di centrodestra a votare, perchè non bastano i voti di centrosinistra per superare il 50 per cento dei votanti’’. Con lui ci sono i verdi di Angelo Bonelli, secondo cui far diventare la consultazione del 12 giugno in un referendum pro o contro Berlusconi ‘’sarebbe un errore’’. Anche Bersani mantiene una posizione di equilibrio, attento a non presentare i referendum come la testa d’ariete con cui il centrosinistra vuole abbattere il fortino del governo
Come Di Pietro, Bersani è preoccupato per il raggiungimento del quorum.


– Sappiamo che l’asticella per il referendum è molto alta – dice il segretario del Pd – si chiede un’affluenza non richiesta neanche per le elezioni politiche o amministrative, ma siamo fiduciosi. Al referendum – spiega Bersani -, si parla nel merito: vogliamo il piano del governo sul nucleare o no? E questo vale anche per l’acqua e gli altri quesiti, non c’é destra o sinistra.


Ma non sono pochi quelli che vedono nei referendum una ghiotta occasione per assestare un nuovo colpo al governo e che non si fanno scrupolo a dirlo apertamente. Nella stessa Idv di Di Pietro c’è chi, come il capogruppo al Senato Felice Belisario, spera che dalle urne referendarie parta un ‘’nuovo Risorgimento’’. Nel Pd, la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro si avventura nella previsione che ‘’i referendum passeranno e Berlusconi dovrà dimettersi’’. Qualcosa di simile dice la leader della Cgil Camusso, che vede nel voto sul nucleare e sugli altri quesiti il modo per ‘’cambiare governo al paese’’. Non stupisce, dunque, che il centrodestra abbia giocato la carta del disimpegno, lasciando libertà di voto ai propri elettori sperando di disinnescare in questo modo la mina referendaria. La scelta di non scegliere è apparsa la migliore ai vertici del Pdl, visto il rischio di una vittoria dei sì diventata più verosimile dopo che la Cassazione ha confermato il referendum sul nucleare. Ma non è solo per questo motivo che il Pdl ha lasciato libertà di voto: chiedere agli elettori di ‘’andare al mare’’ per far mancare il quorum, o dare battaglia per il no, avrebbe portato allo scoperto una nuova frattura con la Lega, sempre più tentata dal votare contro il ritorno del nucleare e, dopo un’esplicita dichiarazione di Bossi di qualche giorno fa, contro la privatizzazione dell’acqua.


Per uscire dall’angolo, il Pdl rivolge la sua polemica contro i partiti dell’opposizione, accusati da Fabrizio Cicchitto di aver lanciato una ‘’crociata’’ contro il governo e di essere ‘’ridicoli’’. Altri, come Francesco Storace, si raccomandano di ‘’non regalare una nuova vittoria alla sinistra’’ e chiedono di schierarsi apertamente per il sì, almeno sui quesiti sull’acqua.


– Qualunque sarà il risultato – taglia però corto il ministro della Giustizia e prossimo segretario del Pdl, Angelino Alfano – non lo considereremo a favore o contro il governo.