Siria, carri armati verso città ‘ribelli’. Quasi 7mila profughi in Turchia

DAMASCO – È salito a 6.817 il numero di siriani fuggiti dalle violenze in corso nel loro paese e che hanno trovato rifugio in quattro campi allestiti oltre il confine con la Turchia. Il dato arriva dal dipartimento per le Emergenze dell’ufficio del Primo Ministro turco, citato dall’agenzia Anadolu.


Circa mille siriani hanno attraversato il confine solo tra ieri e oggi, raggiungendo le città turche di Yayladagi e Altinozu, nella provincia di Hatay, dove sono stati allestiti i campi. Nei giorni scorsi il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha fatto sapere che ”le porte della Turchia restano aperte per i profughi” in fuga dalla Siria e ha definito la situazione nel paese vicino – dove il regime di Bashar al-Assad reprime con violenza le rivolte pro-democrazia – ”disumana”.


L’ambasciata turca a Damasco è stata assaltata questa mattina da un gruppo di circa duemila manifestanti pro-Assad. Lo riferisce il sito del quotidiano Zaman, secondo il quale la manifestazione violenta è stata dispersa dagli uomini dalla sicurezza della sede diplomatica e dalle forze siriane. L’assalto è stato organizzato come reazione alle frasi pronunciate la scorsa settimana da vari esponenti del governo turco, che hanno garantito assistenza umanitaria ai rifugiati siriani che fuggono dalla repressione del regime.


Alcuni gruppi di attivisti su Facebook riferiscono che carri armati inviati dalle autorità di Damasco sono diretti verso le città di Der Azzur e al-Bukamal, nell’est del paese, dove sono in corso proteste contro il presidente Bashar al-Assad. Gli attivisti precisano che gran parte dei militari sono impiegati nelle attività di repressione delle proteste senza che abbiano una reale percezione di cosa stia accadendo nel paese. Le autorità impedirebbero loro l’accesso ai media e le uniche informazioni di cui dispongono sarebbero quelle trasmesse dai loro superiori.


Intanto la tv di Stato siriana ha mostrato immagini di quelle che ha definito come ”fosse comuni” nella provincia di Idleb contenenti i corpi di militari delle forze di sicurezza mutilati durante gli scontri vicino alla città di Jisr al-Shughur. Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa ufficiale Sana, i corpi dei soldati sono stati trovati ”decapitati a colpi di mannaia” e con diversi colpi d’arma da fuoco in varie parti del corpo.
L’agenzia di stampa statale ha aggiunto che oggi le unità dell’esercito hanno ”riportato la tranquillità e la sicurezza a Jisr al-Shughur dopo averla liberata dai gruppi armati di terroristi”. Lunedì scorso il governo siriano aveva denunciato l’uccisione di 123 soldati in città, dato contestato dai manifestanti secondo cui i militari sarebbero stati giustiziati dai ‘colleghi’ in quanto avevano disertato.


Diversa la versione degli attivisti, che denunciano che la città è ancora sottoposta a pesanti bombardamenti da parte degli elicotteri militari e dei carri armati, come si legge sul sito della Rivoluzione Siriana. Stando alle organizzazioni per i diritti umani, sono almeno 1300 le persone uccise e 10mila quelle arrestate da quando il 18 marzo è iniziata la rivolta contro il presidente Bashar al-Assad.


Le autorità siriane hanno predisposto il divieto di espatrio per l’ex governatore di Daraa, Faysal Kalthoum, e per l’ex capo della polizia politica della città, il maggiore Atif Najib. Secondo il giornale arabo ‘al-Quds al-Arabi’, i due ex funzionari sono considerati dal regime di Bashar al-Assad come i principali responsabili della repressione che ha poi scatenato la rivolta del 18 marzo scorso a Daraa, nel sud della Siria, dando il via alla rivolta ancora in corso in tutto il paese. Il divieto di espatrio è stato deciso dalla commissione formata da Assad a fine marzo per indagare sulle cause che hanno portato alla sommossa.