Dalle lacrine in Tv al bando, Triplice fischio per Moggi

ROMA – “Non ho più l’anima, me l’hanno uccisa”. Era il 14 maggio 2006 e Luciano Moggi, in lacrime, dettava il suo addio, in diretta tv dallo spogliatoio dello stadio San Nicola di Bari, dopo la conquista dello scudetto bianconero numero 29.


“Domani mi dimetto da direttore generale della Juventus – aggiunse -. Da stasera il mondo del calcio non é più il mio. Ora mi dedicherò a difendermi da tutte le cattiverie che sono state dette e fatte nei miei confronti”.
Calciopoli era agli albori. Ancora inimmaginabile il terremoto che ne sarebbe seguito: scudetti cancellati, squalifiche, penalizzazioni, retrocessioni che sconvolsero la serie A. Cinque anni, un mese ed un giorno dopo il cerchio si chiude. Quel “mondo del calcio” ora davvero non è più il suo. Ha sbattuto la porta in faccia a ‘big Luciano’ per sempre. Lo stesso ha fatto con l’ex ad bianconero Antonio Giraudo e l’ex vicepresidente federale Innocenzo Mazzini. Tutti radiati.


La bufera scoppia il 2 maggio 2006, ma i fatti risalgono al 2004. Sono emersi dalle intercettazioni ordinate dai Tribunali di Torino e Napoli nei confronti delle dirigenze di Juve, Fiorentina, Lazio e Milan. Un secondo filone di indagine coinvolge anche Reggina e Arezzo. L’accusa principale è di illecito sportivo, finalizzato all’aggiustamento delle designazioni arbitrali, alla corruzione o all’intimidazione per favorire alcune squadre, ma si parla anche di frode sportiva. Le accuse coinvolgono Moggi e Giraudo, per la Juventus; i patron della Fiorentina, Diego Della Valle, e della Lazio, Claudio Lotito; il presidente della Reggina, Pasquale Foti; l’addetto agli arbitri per conto del Milan, Leonardo Meani.


Coinvolti i due designatori arbitrali dell’epoca, Pierluigi Pairetto e Paolo Bergamo, oltre ad alcuni arbitri, soprattutto Massimo De Santis, ma anche Paolo Dondarini, Paolo Bertini, Domenico Messina, Gianluca Rocchi, Paolo Tagliavento e Pasquale Rodomonti. Tra i principali accusati anche il vice Mazzini e il presidente dell’Aia, Tullio Lanese, mentre il presidente federale Carraro, dimissionario all’esplosione del caso, uscirà completamente prosciolto.


La Juve è la grande accusata e l’11 maggio 2006 il Cda del club bianconero rimette il proprio mandato agli azionisti. Il processo sportivo è veloce: il procuratore federale Stefano Palazzi chiede pene durissime, tra cui la retrocessione in serie C per la Juve. Il 14 luglio arriva la prima sentenza della Caf: bianconeri retrocessi sì, ma in serie B con 30 punti di penalizzazione, e revocati due scudetti; Milan -44 punti per il campionato finito, Fiorentina e Lazio meno 30. Inibizioni a raffiche per i dirigenti: Moggi e Giraudo 5 anni e proposta di radiazione, Della Valle 4 anni, Carraro 4 anni e sei mesi, Pairetto e Lanese 2 anni e sei mesi.


Il 25 luglio 2006 arriva la sentenza d’appello: la Juve si vede ridurre la penalizzazione da 30 a 17 punti, la Fiorentina a -19, la Lazio a -11; ridotte anche le squalifiche di Galliani (9 mesi), Della Valle (3 anni e 9 mesi), restano i 5 anni a Moggi e Giraudo. Il giorno dopo la Figc assegna lo scudetto 2005-2006 all’Inter. Lo scudetto 2004-‘05 viene revocato alla Juve e non assegnato.


A marzo 2007 spunta un secondo filone, legato al traffico di schede telefoniche svizzere tra Moggi e alcuni arbitri, sulla base dell’inchiesta penale di Napoli; la Juve patteggia e viene multata di 300 mila euro, divisi in tre rate da 100 mila annui; gli arbitri coinvolti, Bertini, Paparesta e Pieri, sospesi in via cautelare nell’aprile 2007 e in maniera definitiva dall’Aia nel luglio 2008.


Nell’ottobre 2008 entra nel vivo il processo penale a Napoli e Moggi e altri 25 imputati vengono rinviati a giudizio. Il processo comincia il 20 gennaio 2009. Lo scorso 31 maggio i pm Stefano Capuano e Giuseppe Narducci chiedono cinque anni e otto mesi di reclusione per Moggi, indicato come capo e promotore di una associazione per delinquere che avrebbe condizionato per anni gli esiti dei campionati. Nel frattempo la difesa di Moggi chiede e ottiene l’acquisizione di altre 74 intercettazioni in cui parlava per l’Inter anche Giacinto Facchetti. Ma la giustizia sportiva ha chiarito: eventuali altre responsabilità, per altro al momento solo ipotetiche, non cambiano nulla su ‘Big Luciano’ e gli altri grandi accusati. Dunque, radiazione.