Pd: quello del voto all’estero è un problema di organizzazione

ROMA – “Quando si vive all’estero, non basta essere cittadini per vedersi riconoscere i propri diritti, ad iniziare da quel fondamentale diritto di cittadinanza che è il voto.  Ad ogni tornata elettorale riparte il tormentone, salvo spegnersi poi nel giro di qualche settimana. Dispiace, tuttavia, quando a parteciparvi sia un conoscitore attento di situazioni internazionali come Sergio Romano”. Così i deputati Pd eletti all’estero – Gino Bucchino, Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Franco Narducci, Fabio Porta – commentano le opinioni contrarie al voto all’estero espresse in questi giorni dall’ex ambasciatore sulla rubrica che tiene sul “Corriere della Sera”. Commenti cui anche il senatore del Pdl Raffele Fantetti ha a sua volta replicato.


“Chi ha conservato la cittadinanza o l’ha recuperata – argomentano i deputati Pd – ha dimostrato nella stragrande maggioranza dei casi un interesse particolare e peculiare per l’Italia. Sergio Romano sa che, in linea di principio, un diritto acquisito è molto difficile che possa essere rimesso in discussione. Tanto più che espropriare un cittadino del diritto di voto cozza contro il principio di eguaglianza di tutti i cittadini, garantito dalla Costituzione. Ma poi – si chiedono – se l’Aire è ancora carente, perché incolparne gli italiani all’estero? I compiti amministrativi non sono dello Stato italiano? E non sarebbe più onesto dire che questo Stato è da migliorare profondamente, magari facendo tesoro dell’esperienza che tanti italiani hanno fatto in luoghi diversi?”.


Dunque, continuano, “il problema posto da Sergio Romano è un problema d’organizzazione e in Parlamento giacciono alcune proposte di revisione della legge 459/2001, tra cui quella firmata dai capigruppo di Camera e Senato del Partito Democratico. Non occorre mettere in discussione la Circoscrizione Estero, votata dal 90% del Parlamento italiano per realizzare l’effettività del voto dei cittadini all’estero. Se è una nefandezza tanto deprecabile, ci si chiede perché alcuni Stati europei la stanno studiando per replicarla? Quanto alla produttività dei parlamentari all’estero – concludono i deputati Pd – vi è da domandarsi perché Sergio Romano non controlli gli studi sulla presenza e sulla produttività dei parlamentari – di tutti i parlamentari – prima di emettere sentenze tanto sommarie quanto errate”.