Gheddafi: no a negoziati, sì a elezioni libere. I ribelli dicono ‘no’

PRETORIA – Il leader libico Muammar Gheddafi ha accettato di non partecipare a eventuali negoziati sulla Libia. Lo hanno riferito ieri capi di stato africani che stanno portando avanti la mediazione dell’Unione Africana per avviare trattative e porre fine al conflitto che va avanti da quattro mesi.

La Corte penale internazionale dell’Aja, intanto, deciderà oggi se spiccare i mandati di arresto nei confronti di Gheddafi, il suo secondogenito Saif al-Islam e il capo dei servizi segreti del rais, Abdullah al-Senussi. Ad avanzare le richieste è stato il procuratore capo del Cpi, l’argentino Luis Moreno Ocampo, che accusa il colonnello libico e i suoi più fedeli uomini di crimini contro l’umanità. A decidere sarà il collegio di giudici della camera “pre-trial” del Cpi, il cui presidente è l’italiano Cuno Trasfusser, ex procuratore di Bolzano.

Il portavoce del regime libico, Mussa Ibrahim, ha detto ieri – in risposta alle dichiarazioni degli insorti che affermano di aspettare una “proposta” da Muammar Gheddafi – che il colonnello non lascerà né il potere né il Paese. “Gheddafi è qui. E ci resta. Guida il Paese e non lo lascerà né si dimetterà dato che non ha alcun incarico ufficiale” da cui dimettersi, ha dichiarato Ibrahim alla France Presse. E ha aggiunto: “Questo è il nostro Paese. Non lo lasceremo in mano a bande di criminali che hanno preso in ostaggio le nostre città. Non lo lasceremo all’organizzazione criminale della Nato. Tutti continueranno a combattere. Siamo pronti a combattere strada per strada, casa per casa”. Abdel Hafiz Ghoga, vice presidente del Consiglio nazionale di transizione (organismo politico della ribellione) aveva detto sabato che il Consiglio si aspettava “di ricevere molto presto una proposta” da Gheddafi.

Il governo libico ha riproposto ieri, attraverso dichiarazioni del suo portavoce Moussa Ibrahim, che la crisi libica venga risolta indicendo elezioni nel Paese. Il governo libico ha proposto – ha ribadito Ibrahim ai giornalisti – un periodo di dialogo nazionale che permetta di organizzare elezioni con la supervisione delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana. “Se il popolo libico deciderà che Gheddafi deve andarsene, Gheddafi se ne andrà. Se il popolo deciderà che deve rimanere, rimarrà “, ha detto il portavoce di Tripoli. La proposta di indire elezioni era già stata fatta da uno dei figli di Gheddafi, Saif al-Islam. Gli insorti l’hanno però finora rifiutata, mentre all’interno della Nato vi sono stati segnali di interesse.