Berlusconi: «Nulla impedisce di reinserire la norma ‘salva-Fininvest’»

ROMA – Si riprende la scena il Cavaliere, descritto in questi giorni da diverse cronache giornalistiche come un malinconico leader politico in declino.
– Faremo le riforme, andremo avanti fino a fine legislatura perchè dagli italiani abbiamo avuto la delega a governare ed è nostro diritto farlo. E non consegneremo l’Italia a Bersani, Vendola, Di Pietro. Andremo avanti nonostante quello che si decide nei cosiddetti salotti dei poteri forti – annuncia spavaldo seduto al fianco di Domenico Scilipoti, ‘’simbolo della capacità di diffamazione della sinistra’’, per la presentazione del suo libro ‘Il re dei peones’.


– In Italia c’è una tentazione alla scorciatoia e al tatticismo che è irrinunciabile. Ma noi li deluderemo -stoppa manovre di palazzo su ipotetici governi tecnici e di transizione, magari a guida Tremonti -. L’opposizione in Italia non si rassegna – osserva il premier -, non riesce a giocare una partita all’interno delle regole democratiche, ma è pronta ad usare ogni mezzo per ostacolare il Governo, dalle manovre parlamentari alla strumentalizzazione dei risultati dei referendum e delle elezioni amministrative.


Glissando sui tesi rapporti con la Lega ed investendo molto sui numeri della nuova maggioranza, Berlusconi si dice perciò pronto a fare le riforme, accettando persino i contributi dell’opposizione. Ad esempio sulla manovra ‘’per la quale potranno esserci modifiche ma a saldo finale invariato’’. Oppure su nomine importanti come quella del nuovo Governatore di Bankitalia, per la quale si consulteranno anche gli avversari politici ma ‘’senza premura, perchè c’è tempo fino al primo novembre’’.


Nessuna intesa, invece, sulla riforma della legge elettorale. O sul ritorno alle preferenze.
– Il sistema elettorale che c’è è ottimo per mantenere il bipolarismo e sul tema – spiega -, l’ultima volta che mi sono confrontato con l’opposizione setato parlando con Fassino, che mi confermò l’intenzione del Pd di mantenere l’indicazione dei candidati da parte delle segreterie del partito per fare arrivare nelle commissioni e in Parlamento professionisti con esperienza sulle materie oggetto di voto.

Ma è soprattutto sulla ‘salva Fininvest’ che il premier si toglie sassi dalla scarpa e rende la pariglia al ministro Giulio Tremonti, che aveva rinviato a Palazzo Chigi ogni spiegazione sulla paternità della norma.
– La norma non l’ho scritta io – afferma -. La cosa è stata discussa durante il Consiglio dei Ministri e il Ministro Tremonti non ha ritenuto di portarla ad un voto del cdm perchè – rovescia la frittata il premier – era sicuro che, essendo una norma sacrosanta su cui nel tempo si era intervenuti tutti, i componenti della coalizione fossero d’accordo.


Non basta. Berlusconi mette in mezzo testimoni:
– Io ne ho avuta precisa conferma dal ministro Calderoli che non era stato portato a conoscenza di questa norma ma che anzi mi ha detto: ‘Ma perbacco. Perchè non ne abbiamo parlato. Io l’avrei scritta meglio e ti avrei aiutato a sostenerla’. Ecco come stanno le cose. E comunque nulla è perduto. Intanto perchè la Fininvest si salva senza bisogno di alcuna norma. E poi perche – annuncia il premier – non c’è nulla che ci impedisca di reinserire la norma ‘salva-Fininvest’ nella manovra, tanto ci sarà a breve una sentenza. Dopo, quindi, si potrà pensare a reinserirla in Parlamento perchè non sarà più considerata una norma solo per la Fininvest o ad personam.


La tensione, dopo i chiarimenti richiesti da Giorgio Napolitano a Berlusconi sul Lodo Mondadori, potrebbe tornare a salire con il Colle. Al cui indirizzo – dopo aver sminato il terreno da possibile grane con la Lega con il varo in Cdm del decreto di rifinanziamento delle missioni italiane all’Estero – il premier lancia piccato un siluro:
– Ero e sono contrario all’intervento in Libia ma ho avuto le mani legate dal voto del Parlamento del mio Paese e sono stato costretto ad accettarlo, non solo per la decisione dell’Onu ma anche per l’intervento del capo dello Stato alle Camere.


Un’uscita, questa, che affretta il portavoce del premier, Paolo Bonaiuti, a precisare che ‘’la libera espressione delle posizioni, non ha mai messo e non mette minimamente in discussione il ruolo istituzionale del Capo dello Stato”.