Manovra: privatizzazioni dal 2013. Si parte dalle municipalizzate

ROMA – Si partirà dalle municipalizzate, le società pubbliche controllate dai comuni, e si potrà arrivare – dopo il 2013 – alla messa sul mercato di quote dei ‘big’ ancora nel portafoglio del ministero dell’Economia. La manovra riapre il capitolo privatizzazioni. Entro il 31 dicembre del 2013 il ministro dell’Economia, raccolto il parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, metterà a punto ”uno o più programmi – è scritto nell’emendamento inserito in Manovra – per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali; i programmi di dismissione, dopo l’approvazione, sono immediatamente trasmessi al Parlamento”.

Il segnale è anche i mercati. La vendita di asset, infatti, non migliora il deficit, cioè il ‘rosso’ annuale che emerge da entrate ed uscite, ma consente di ridurre direttamente il debito pubblico, che è il grande fardello che l’Italia si porta addosso.
– Dobbiamo certamente iniziare un processo di privatizzazioni, passata la crisi – ha detto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti parlando dal palco dell’assemblea dell’Abi -. I comuni – ha poi aggiunto – saranno spinti a vendere i loro asset da un meccanismo di incentivi e disincentivi che sarà introdotto nel loro patto di stabilità.

Il ministro ha quindi assicurato che non sarà toccato il settore dell’acqua, sul quale è stato chiaro il verdetto del recente referendum.
– Non possiamo vendere l’acqua – ha detto – ma questo dipende dalla volontà generale e non da fattori politici. Come per il nucleare. Fattori che dovrebbero essere messi nel calcolo del Pil. Si tratta di responsabilità comuni che dobbiamo condividere nel positivo e nel negativo rispettando la diversità delle opinioni.

Si parte dalle municipalizzate dunque che – secondo uno studio della Fondazione Mattei e di Unioncamere, sono oramai lievitate: sono 5.150, 7,5 a testa per ciascun ente territoriale.
– Bene – ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia commentando quello che è stato sempre un cavallo di battaglia degli industriali, per i quali le società pubbliche sono considerate fonte di alterazione della concorrenza -. Bisognerebbe partire da tutte le società di servizi pubblici locali – ha spiegato – e, poi, dal patrimonio immobiliare dello Stato a livello nazionale e regionale, per un valore di 500 miliardi di euro. Ci sono anche alcune società a partecipazione pubblica, ma io partirei dai servizi pubblici locali.
Non è escluso che si possa aprire una nuova stagione di privatizzazioni, che riguardi anche le grandi società. L’emendamento – ha spiegato il relatore alla manovra, Gilberto Pichetto Fratin – prevedrebbe un’autorizzazione al governo a cedere quote di società a partecipazione pubblica e ci potrebbe essere anche qualcosa di grande.

I pacchetti azionari in mano al governo sono tanti, da Eni ad Enel, da Finmeccanica a Poste, passando per Ferrovie dello Stato, Enav, Sace, Fintecna e Poligrafico dello Stato. ”Chi fa nomi mente”, avverte comunque il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, mentre proprio all’interno della maggioranza il dibattito non è univoco. Al portavoce del Pdl, Daniele Capezzone che gioisce per ”l’accelerazione liberale” fa da contrappeso il ministro per la Gioventù Giorgia Merloni secondo la quale le privatizzazioni sono un tema ”buono per i titoli dei giornali”.