Obama-Dalai Lama, Pechino indignata

PECHINO – Dopo l’incontro tra il presidente Usa, Barack Obama, e il Dalai Lama del Tibet, la Cina ha mantenuto alto il tono delle proteste, convocando l’incaricato di affari americano, Robert S. Wang per una “solenne protesta”. Barack Obama ha aspettato l’ultimo giorno di permanenza del Dalai Lama a Washington, in città dal 6 luglio, per invitarlo alla Casa Bianca. Al termine del faccia a faccia di una quarantina di minuti, Obama ha evitato ogni commento alla stampa. Tutti dettagli protocollari per sottolineare il carattere ‘low profile’ e strettamente privato della visita, allo scopo di limitare l’irritazione di Pechino.

“Chiediamo agli Usa di adottare immediatamente misure per rimediare, oltre a cessare l’interferenza negli affari interni cinesi e la connivenza e il supporto alle forze separatiste anti-cinesi che perseguono l’indipendenza del Tibet”, ha dichiarato in un duro comunicato il portavoce del ministero degli esteri della Repubblica popolare cinese, Ma Zhaoxu.

Quasi a prevenire l’imminente bufera diplomatica, la Casa Bianca aveva presentato la visita, evitando volutamente ogni riferimento alla Cina. ‘Quest’ incontro sottolinea il deciso sostegno del presidente al mantenimento dell’originale identità religiosa, culturale e linguistica e alla protezione dei diritti umani nel Tibet” aveva scritto lo staff di Obama.

Al termine dell’incontro, lasciando la Casa Bianca, ignorato anche dai media Usa, la guida spirituale del Tibet si è limitato a riferire lui il pensiero del suo potente interlocutore: “Barack Obama è il presidente della più grande democrazia al mondo e ha naturalmente manifestato la sua preoccupazione per quanto riguarda la tutela dei valori umani più elementari dei diritti dell’uomo e della libertà religiosa in Tibet”.