Siria, carri armati sulla folla: un massacro più di 100 morti

ROMA – La Siria ha vissuto una delle giornate più cruente dall’inizio delle proteste contro il regime del presidente Bashar el Assad, lo scorso 15 marzo. Alla vigilia del Ramadan e in una delle città simbolo della rivolta, Hama, i carri armati dell’esercito siriano sono entrati all’alba e hanno compiuto un ”massacro”: 100 morti, secondo testimoni diretti, almeno 80 per gli attivisti dell’organizzazione Sawasiah, la Bbc e altri media internazionali, oltre centinaia di feriti. Mentre l’agenzia ufficiale, che addossa la responsabilità degli scontri ”a gruppi armati”, parla solo della morte di due militari nell’incendio di posti di polizia.

I colpi dei carri armati hanno iniziato a colpire la città, che si trova 210 chilometri a nord di Damasco, con un ritmo di quattro al minuto; i militari hanno preso a sparare con le mitragliatrici pesanti contro la gente, travolgendo le barricate erette dagli abitanti. Decine i corpi, tra cui quelli di donne e bambini, abbandonati per le strade, e gli ospedali pieni di feriti, secondo quanto riferito da Abdel Rahmane, presidente dell’Osservatorio siriano per i diritti umani.

Un testimone diretto ha riferito all’Ansa di aver assistito ad un vero e proprio ”massacro”, i morti, ha assicurato, ”sono oltre 100”.
– I giovani stanno tentando di proteggere le loro famiglie, perchè si teme che (le forze di sicurezza e la polizia segreta ndr) vadano casa per casa, a prenderli uno per uno – ha detto ancora il testimone.
Secondo una tattica tipica delle operazioni di repressione del regime, dall’alba sono state inoltre tagliate acqua ed elettricitaà nei quartieri centrali di Hama. Per l’agenzia di stato siriana (Sana) nella città c’è una resistenza di gruppi armati, con cecchini dai tetti, che hanno eretto barricate e rispondono con mitragliatrici e razzi rpg.

Unanime la condanna internazionale del massacro: dagli Stati uniti, all’Ue, all’Italia la richiesta alle autorità siriane è di cessare immediatamente le violenze, mentre aumentano le pressioni perchè l’Onu assuma una posizione più ferma. Il presidente Usa Barack Obama ha espresso ”orrore” per le violenze e ha chiesto alla comunità internazionale di isolare il presidente Assad. La città di Hama, sotto assedio dell’esercito da circa un mese e simbolo della rivolta che ha portato in piazza fino a 55 mila persone in tutto il paese, non è stata la sola al centro di scontri fra forze di sicurezza e manifestanti. Ad Harasta, periferia di Damasco, almeno 42 persone sono rimaste ferite dal lancio di bombe a frammentazione da parte delle forze ultra lealiste della Quarta Divisione. A Deir Ezzor, est della Siria, 19 persone sono state uccise da proiettili di cecchini piazzati sui tetti, con la maggior parte delle vittime colpite alla testa o al petto, secondo quanto denunciato dalla Lega siriana dei diritti dell’uomo.

L’agenzia Sana riferisce di un colonnello e due militari uccisi da uomini armati in questa città, divenuta anch’essa uno dei principali centri della rivolta. Altri 6 morti si sono registrati a Harak (nel sud), ha detto il presidente dell’Organizzazione nazionale dei diritti dell’uomo, Ammar Qurabi, mentre una persona è rimasta uccisa a Bukamal (nell’est). Intanto forze dell’opposizione hanno denunciato l’arresto di Sheikh Nawaf Al Bashir, leader della tribù di Baqqara, la principale della provincia ribelle di Deir al Zor.