Cresce la paura di default

ROMA – Una nuova, pesante, mazzata che si abbatte sulla fiducia dei mercati e sulle aspettative di un diradamento degli attacchi speculativi di queste settimane. Benchè piuttosto prevedibile e nell’aria, il taglio al rating Usa da parte di Standard and Poor’s fa scattare di nuovo l’allarme per un crollo dei listini e i paesi del G7 faranno il punto della situazione. Oggi è previsto un colloquio telefonico fra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente Usa Barack Obama.


Resta l’attesa per vedere se la Bce, come annunciato, inizierà ad acquistare titoli di Stato di Italia e Spagna allo scopo di raffreddare gli spread, finiti a livelli record: impresa ardua visto la mole del debito del nostro paese. Al riguardo diverse voci indicano una divisione fra i componenti dell’Eurotower sull’opportunità o meno di procedere agli acquisti di titoli di stato del nostro paese. Secondo alcune fonti l’anticipo della manovra è un passo avanti ma l’Italia deve fare di più. Verso l’incapacità dei paesi occidentali di ridurre il proprio debito e riavviare una crescita non ‘drogata’ dal sostegno statale cresce comunque la disaffezione degli investitori privati ma anche pubblici come la Cina, la quale ha duramente criticato l’atteggiamento e gli errori degli Stati Uniti che hanno portato alla perdita della tripla A.


Ora si attende con ansia la riapertura dei listini,, dopo che la scorsa settimana è stata la peggiore dal novembre 2008 con ribassi intorno al 10% in Europa e del 5,8% per il Dow Jones. Certo la pressione dei mercati, più che i richiami della Commissione Ue e della Bce, ha portato l’Italia ad anticipare di un anno degli effetti della manovra mentre in Spagna i candidati alle elezioni di novembre hanno annunciato misure di stretto rigore. Decisioni accolte con favore dalle istituzioni internazionali e dall’istituto centrale europeo che, con una nota, ha assicurato il suo intervento, se necessario, per l’acquisto dei titoli di Stato dei due paesi sul modello di quanto già fatto per quelli di Irlanda e Portogallo. Operazioni che però si scontrano con la maggiore massa di debito della Spagna e soprattutto dell’Italia il cui mercato dei titoli di stato è difficile da controllare e arginare per la sua mole. Peraltro anche gli interventi sui titoli di Grecia, Portogallo e Irlanda non sono riusciti ad arginare il loro scivolamento verso il salvataggio e la Bce ne aveva interrotto gli acquisti per 18 settimane.

Dopo il G20 riunione del G7 per l’emergenza

NEW YORK – I leader mondiali cercano una risposta alla crisi del debito: ai problemi europei, con l’Italia e la Spagna in difficoltà, si aggiunge il downgrade degli Stati Uniti e sale la paura di una nuova Lehman Brothers sui mercati. Contatti a tutto campo fra le autorità culminano in una riunione dei viceministri del G20 e in una conference call d’emergenza del G7. Contatti internazionali che si dovrebbero tradurre – secondo indiscrezioni – in comunicazioni ufficiali prima dell’apertura della Borsa di Tokyo e in cui si affermerà la fiducia nell’economia americana e nei titoli di stato statunitensi nel tentativo di smorzare le pressioni del taglio del rating di Standard & Poor’s. Oltre che il downgrade Usa e la tempeste dei mercati, preoccupa l’acquisto di titoli di stato spagnoli e italiani.

Il salvataggio dell’Italia – secondo le stime del New York Times – costerebbe 1.400 miliardi di dollari e quello della Spagna ulteriori 700 miliardi di dollari. Cifre elevate anche per la Bce che potrebbe aver bisogno dell’aiuto – secondo alcuni analisti – della Fed e di altre banche centrali in un’azione coordinata sui titoli di stato. Ma restano dubbi sulla possibilità che la Fed e gli altri istituti possano aiutare l’istituto di Francoforte. La Fed, infatti, ha già un portafoglio titoli americani per oltre 2.000 miliardi di dollari e si trova in una posizione difficile.

I mercati si augurano un terzo round di allentamento monetario e guardano con attenzione alla prossima riunione del Fomc domani e a Jackson Hole, dove si terrà alla fine del mese il consueto incontro dei banchieri centrali e dove il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha annunciato lo scorso anno il piano da ulteriori 600 miliardi di dollari di acquisti di titoli di stato. Dalla riunione del G7 non sono attese – secondo indiscrezioni – misure concrete: l’obiettivo è restituire fiducia ai mercati prima dell’apertura.

Obama, trattativa sul debito. L’agenzia: «Si doveva far prima»

NEW YORK – Gli Stati Uniti perdono per la prima volta nella loro storia il rating di tripla A: a non considerare più i titoli di stato americani fra i più sicuri investimenti al mondo è Standard & Poor’s con una mossa senza precedenti arrivata dopo ore di braccio di ferro con il Tesoro. Perso il rating AAA che l’agenzia gli aveva dato nel 1941, gli Stati Uniti hanno prima accusato S&P di aver sbagliato i calcoli per 2.000 miliardi, ma poi, con lo stesso presidente Barack Obama, hanno di fatto ammesso qualche colpa: il processo per giungere all’accordo sul tetto del debito Usa, ha detto il capo della Casa Bianca, è stato ‘’troppo lungo’’. Esattamente la stessa cosa che ha detto in un’intervista alla Cnn John Chambers, presidente del comitato di valutazione di S&P, secondo cui gli Usa avrebbero potuto evitare il downgrade se avessero aumentato prima il tetto del debito, divenuto legge solo martedì scorso.

E ancora: secondo S&P il processo politico americano ‘’non è coerente’’ con il rating di tripla A. E pertanto, la decisione di tagliare il rating ‘’non è stata influenzata dalle modifiche sull’andamento della spesa discrezionale’’, perchè ‘’l’attenzione resta sull’attuale livello del debito, sulla sua traiettoria e sulla mancanza apparente della politica di affrontare le prospettive di bilancio degli Stati Uniti’’. Indicazioni che la Casa Bianca sembra aver chiaramente recepito, poichè, come ha riferito il portavoce Jay Carney, il presidente Obama ritiene che ora ‘’è importante’’ che il Congresso si unisca ‘’per rafforzare la nostra economia e riordinare i conti pubblici’’. Certo, ha detto Obama, l’accordo per l’aumento del tetto del debito ‘’è un importante passo nella giusta direzione’’ ma ‘’dobbiamo chiarire al meglio la nostra volontà, abilità e impegno a lavorare insieme per affrontare le sfide economiche e di bilancio’’.

Almeno sulla carta, il leader della camera John Boehner sembra d’accordo. Dopo aver affermato che la decisione di Standard & Poor’s è la risposta alle spese alte di Washington, ha garantito il suo schieramento rimane impegnato ‘’ad assicurare che gli Stati Uniti adempiano ai loro obblighi. E anche se siamo meno a Washington, continueremo a premere sui democratici perchè si uniscano a noi nell’intraprendere azioni significative per tenere sotto controllo il debito o il deficit’’.

Passa così in secondo piano l’accusa del Dipartimento del Tesoro, che dopo aver ricevuto la bozza della decisione dell’ agenzia di rating venerdì quattro ore prima che venisse resa pubblica, aveva replicato affermando che S&P ha commesso un errore da 2.000 miliardi di dollari dovuto a come S&P teneva conto dei dati delle spese discrezionali del Congressional Budget Office, l’organismo indipendente incaricato di fornire analisi agli eletti. L’agenzia aveva quindi ritardato la diffusione del comunicato, che poi è stato comunque annunciato in serata.

La decisione di Standard & Poor’s potrebbe avere – secondo gli osservatori – un effetto più psicologico che pratico, ma certo sara’ tutto da vedere quando il downgrade arriverà alla prova dei mercati, dove rischia di rallentare un’economia già fragile, in cui, secondo quanto ha affermato S&P, l’incertezza politica pesa più dei rischi di bilancio, e la riconquista del rating AAA da parte degli Usa dipenderà dall’andamento del risanamento di bilancio.