Borse, è tsunami Ue brucia 174 miliardi

MILANO – La mossa della Fed di mantenere i tassi fermi non è bastata. Sui mercati è stata una nuova seduta da brividi. Il tentativo di rimbalzo dei listini è durato una manciata di minuti poi lentamente e, quasi inesorabilmente, le Piazze del Vecchio Continente hanno virato. Il tuffo in profondo ribasso però è arrivato inaspettato. L’indice Stxe 600 – che fotografa l’andamento dei principali titoli quotati in Europa – ha ceduto il 3,75%: uno scivolone che si è tradotto in oltre 174 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati in una sola seduta. E lo tsunami non ha risparmiato nessuno. Sono andate giù pesantemente anche Madrid, Francoforte e Parigi.

Sulla Francia, che pure ha anticipato di un mese il piano anti-debito, che si sono concentrate le speculazioni. Intanto l’euro è tornato a soffrire scendendo sotto quota 1,42 dollari. Di contro lo yen è volato a 76,47 per dollari (vicinissimo al massimo del dopoguerra di 76,25 segnato a marzo). Mentre Banca nazionale svizzera, che ‘’aumenterà significativamente’’ la liquidità sul mercato monetario e provvederà a transazioni swap per creare liquidità: il franco è poco lontano dal record segnato a 70,71 per dollaro e 1,0075 per euro.
L’incertezza sui mercati ha spinto gli investitori a riversarsi sulla sicurezza offerta dall’oro che ha segnato un nuovo record oltre la soglia dei 1.800 dollari l’oncia. Ed è tornato ad ampliarsi il premio di rendimento dei titoli italiani (a 290), spagnoli (a 280) e francesi (a 87,9). Il mercato, comunque, ha tenuto grazie allo scudo offerto dalla Bce che – secondo indiscrezioni – starebbe continuando a comprare titoli sul mercato spagnolo e italiano.

La Boe taglia le previsioni di crescita

ROMA – La Banca d’Inghilterra taglia le sue previsioni di crescita per l’economia britannica, e avverte: ‘’sulla crescita mondiale e nazionale hanno preso a soffiare venti contrari, non da ultimo il baratro dei debiti pubblici e privati. Questi venti contrari si fanno ogni giorno più forti’’.

Per il quarto trimestre dell’anno, la Bank of England prevede ora un tasso di crescita annuale del 2%, in discesa dal 2,5% delle stime di maggio. Nell’orizzonte di due anni la previsione di crescita annuale è di circa il 2,7%, una frazione al di sotto delle stime di maggio. E se l’inflazione dovrebbe raggiungere un picco del 5% nel corso dell’anno poi dovrebbe ridiscendere fino all’1,8% entro due anni, poco al di sotto di quanto stimato tre mesi fa e meno del tasso obiettivo della ‘BOE’ che è un’inflazione al 2%.

– Dal nostro ultimo incontro, il mood sui mercati ha visto un forte peggioramento – ha detto il governatore della Bank of England, Mervyn King, dopo la presentazione del rapporto trimestrale sull’inflazione -. Per il comitato di politica monetaria, la debolezza di fondo potrebbe essere più duratura di quanto previsto. Fra le minacce alla ripresa dell’economia inglese King pone in cima proprio la crisi fiscale dell’euro zona.
Di alzare i tassi in Gran Bretagna non se ne parla, e al contrario potrebbe servire un ulteriore stimolo monetario.

Mentre la Fed americana sembra avere un simile orientamento, tutt’altro clima si respira in Europa continentale. Dove la Bce continua a mantenere un orientamento verso una politica dei tassi restrittiva.

Arde Parigi

PARIGI – Giornata di bufera finanziaria sulla Francia, con gli spread che volano a livelli record e la borsa che scivola di oltre il 5%. In una giornata agitata da voci di un imminente taglio del giudizio ‘tripla A’ sulla Francia, smentite sia dal governo di Parigi che dalle tre agenzie di rating, il Cac 40 ha chiuso in perdita del 4,45%, trascinato al ribasso dal crollo dei titoli bancari, con cali vicini o superiori al 10% per i tre principali istituti di credito transalpini. La più penalizzata è stata Societè generale, già in difficoltà la settimana scorsa per un profit warning, che ieri è arrivata a perdere oltre il 20%, per poi chiudere con un -14,74%. Ad appesantire il titolo, oltre al nervosismo generale sul settore, è stato il riemergere di un’informazione articolo del giornale Mail on Sunday di domenica scorsa, secondo cui il gruppo sarebbe ‘’sull’orlo del disastro’’, a un passo dal fallimento. E’ andata leggermente meglio alle altre due grandi banche francesi, Credit Agricole (-11,81%) e Bnp Paribas (-9,47%), mentre la franco-belga Dexia ha ridotto i danni, con una perdita leggermente inferiore all’8%.

Nervosismo anche intorno al debito sovrano francese, nonostante l’accelerazione del calendario di riassetto annunciata dal presidente Nicolas Sarkozy dopo una riunione straordinaria all’Eliseo. Il differenziale di rendimento tra gli Aot transalpini e il bund tedesco è tornato a toccare i 90 punti per poi attestarsi intorno agli 88. Picco record anche per i credit default swap, le assicurazioni sul debito di un Paese, che misurano il rischio percepito dal mercato, saliti fino a quota 171 punti.

Guerra alla recessione. Incognita sul ‘fondo salva-Stati’

BRUXELLES – Accusata di avere una leadership debole che ha permesso l’attacco a Italia e Spagna, l’Unione europea cerca di ricompattarsi per fare muro contro lo spettro della recessione che si aggira per l’Europa, e ora anche al di là. Ma nonostante gli Stati accelerino la rimessa in sesto dei loro conti, e Bruxelles lavori giorno e notte per vigilare che tutto proceda in fretta, resta il rischio di emergenze come Cipro, ieri declassata, e l’incognita sul futuro dell’unica arma che una volta finito l’intervento straordinario della Bce potrà salvare i governi dal default: il fondo salva-Stati, che la Germania non vuole aumentare, e la Slovacchia intende boicottare.

Nicolas Sarkozy che rientra dalle vacanze di corsa per vedere i suoi ministri e annunciare misure antideficit in anticipo, è la prova della risposta decisa che l’Europa cerca di dare, dopo anni di occhi chiusi sul rispetto dei vincoli budgetari del patto di stabilità. Ed ora, è una corsa contro il tempo per ridare fiducia ai mercati in continua sofferenza. La Bce e le sue misure straordinarie sui bond, non possono durare per sempre, e per questo Trichet insiste con il suo pressing su Roma e cerca di assicurarsi che le misure siano approvate entro settembre, come chiedevano Merkel e Sarkozy.

Per salvare l’euro, la Bce ha infatti innescato un meccanismo ad orologeria che non può permettersi ritardi: l’Italia aveva bisogno del sostegno della Bce, che a sua volta, sapendo di non poter aiutarla all’infinito, aveva bisogno che il fondo salva-Stati fosse aumentato e la potesse sostituire presto. Ma la Merkel è contraria all’aumento e così, per convincerla, la Bce ha spinto Roma ad approvare le sue misure entro settembre. Perciò l’Eurotower insiste con il pressing sull’Italia, perchè, se nella catena saltasse l’anello delle misure varate da Roma o se queste dovessero arrivare troppo tardi, i mercati potrebbero nuovamente colpire duro e la Bce, o il fondo salva-Stati, non avrebbe le risorse sufficienti per arginare il tracollo.

Ma ora, sul futuro del fondo pendono almeno altre due incognite. La prima viene sempre dalla Germania: la Merkel è sotto il fuoco della sua stessa coalizione, che non vuole l’aumento del fondo e minaccia di boicottarlo in Parlamento. Il suo partito, il Cdu, ha già chiesto una riunione d’emergenza proprio su questo. Il secondo grande problema viene dalla piccola Slovacchia. Il presidente del Parlamento non usa toni concilianti:
– Faremo di tutto per impedire l’aumento del fondo, la Slovacchia non può assumersi la responsabilità di tutti i problemi del mondo.
Ma la crisi della zona euro che travolge la periferia – ieri Fitch ha tagliato il rating di Cipro da ‘A-’ a ‘BBB’ e già vede la necessità di un piano di salvataggio – potrebbe presto spazzare via anche i dubbi del cuore dell’Europa.

Panico a Piazza Affari

MILANO – Un’ondata di vendite travolge i titoli bancari del Vecchio Continente. E non risparmia le banche italiane, ancora una volta tra le più penalizzate, con una capitalizzazione ormai ridotta all’osso e gli aumenti di capitale chiusi nel semestre ‘bruciati’ dai crolli di borsa. A scatenare il ‘panic selling’ – in un mercato ormai fuori controllo, schiacciato dalla paura per la tenuta dei debiti dell’Eurozona e terrorizzato dal rischio di una nuova recessione – sono stati i rumor sulla solidità della banca Societè Generale e su un possibile taglio del rating della Francia. Chiarimenti e smentite non sono serviti ad evitare il bagno di sangue.

L’indice Dj Stoxx dei bancari ha perso il 6,7%, il massimo dal marzo ‘nero’ del 2009. Ma se le vendite in Europa non hanno risparmiato nessuno, sono state ancora una volta le banche italiane a pagare il dazio più alto. Al mercato non sembra importare che abbiano passato gli stress test e si siano messe in regola con Basilea III grazie alle ricapitalizzazioni chiuse nel primo semestre. Francia a parte sono stati i nostri titoli ad essere i più venduti: Intesa Sanpaolo ha perso il 13,7%, Ubi Banca il 10,1%, Mps il 9,5%, Unicredit e il Banco Popolare il 9,3%, Bpm l’8,9%. Ormai un refrain, in gran parte imputabile ai timori dei mercati per la solidita’ dell’Italia.

I crolli delle ultime settimane hanno di fatto ‘cancellato’ i 10 miliardi incassati da Intesa, Mps, Banco Popolare e Ubi attraverso le ricapitalizzazioni. Intesa Sanpaolo valeva 23,2 miliardi di euro appena prima di incassare i 5 dell’aumento e oggi vale poco più di 18 miliardi. Già ‘mangiato’ anche l’aumento da 1 miliardo di Ubi, così come buona parte di quelli da due miliardi del Banco e di Mps. E così, di crollo in crollo, la capitalizzazione del nostro sistema bancario, (Mediobanca e le cinque banche più grandi), è scesa attorno ai 48 miliardi di euro, aumentando la scalabilità dei nostri istituti a partire dai due campioni nazionali Intesa Sanpaolo e Unicredit.