Pasta e vino: simboli dell’Italia che mangia e…beve!

La pasta è il simbolo della cucina italiana ed ha conquistato tutto il mondo. Nasce dal grano ed è stata a lungo, insieme al pane, la base del sostentamento per la popolazione.

La coltivazione dei cereali nasce da quando l’uomo preistorico, da nomade, diventa stanziale e inizia a coltivare la terra.

Le prime testimonianze sono egizie, statuette del 4000 a.c. di figure nell’atto di macinare grano su lastre di pietra.
Pensate che sono stati gli antichi romani, estimatori della buona cucina, i precursori delle lasagne con le “lagane”, strisce di pasta cotte in acqua amate da Orazio.

Di notevole interesse è lo scritto del 1154 nel quale un arabo riporta che in Sicilia, vicino Palermo, avevano un cibo a forma di fili perchè sfata il mito della nascita della pasta in Cina e poi introdotta in Italia da Marco Polo al ritorno dal suo famoso viaggio nel 1295.
E’ del 1474 il primo ricettario dove si accenna all’essiccazione della pasta per la sua conservazione da cui l’espansione del suo commercio.

Tale fu il successo che rese necessaria a Papa Urbano VIII una regolamentazione; con una bolla del 1641 impose tra i negozi di pasta la distanza minima di 24 metri.
Nel’700 il famoso Giacomo Casanova era amante in uguale misura delle donne e della pasta al punto che gli valse il titolo di Principe dei maccheroni.
Anche il grande musicista Gioacchino Rossini era un suo estimatore e bravo cuoco tanto da ricevere le casse di pasta direttamente da Napoli.

Fu proprio il re borbonico, Ferdinando II, a dare un ulteriore impulso al suo consumo con l’incarico allo scienziato Cesare Spadaccini di creare un processo meccanico per la sua produzione, nacquero così, alla fine dell’8oo, i primi torchi a vapore o ad acqua.
Tutta la pasta italiana è eccellente ma c’e da dire che, grazie al suo clima ventilato e secco, è proprio la Campania la sua patria.

Famosa è quella di Gragnano (IGP), cittadina oltre i 400 metri d’altezza, che si affaccia sul golfo di Napoli. L’alchimia del sapore è data dal clima mite e costante da cui l’ottima essiccazione della pasta e all’acqua poco calcarea delle sorgenti del Monte Faito.

Altri elementi di qualità sono: l’impasto tenuto a bassa temperatura per mantenere i valori nutritivi, la trafilatura in bronzo che rende la pasta ruvida per trattenere il condimento, al contrario di quelle in plastica o teflon che la rendono liscia, e la tenuta della cottura.

Diffidate di punti neri o bianchi nella pasta, non sono indice di qualità, i primi sono presenze vegetali estranee e i secondi sono o una non ottimale essiccazione o la presenza di grano tenero.
Infatti esistono due qualità di questo cereale. Dalla prima si ottiene la farina di grano tenero (0, 00, etc.) per il pane e i dolci e dalla seconda la farina di grano duro (semola) utilizzata per la pasta.
Hanno caratteristiche differenti date dall’interazione nella cottura delle due proteine la gliadina e la glutina. Nel tipo duro queste si uniscono strettamente trattenendo l’amido prodotto, questo effetto agglutinante non avviene nel tipo tenero dove l’amido sfugge e rende la pasta collosa, dicasi “scotta”.

La pasta è sicuramente il nostro piatto nazionale, spaghetti, penne, rigatoni sono famosi in tutto il mondo e ogni regione ha creato le sue varietà quali i bigoli in Veneto, i pici in Toscana, le linguine della Liguria, gli strozzapreti dell’Emilia Romagna, i paccheri campani della ricetta di oggi fino agli ziti siciliani e tante, tante altre.
Spesso si accusa la pasta di farci ingrassare ma non è corretto.
E’ vero che il chicco di grano è composto per il 70% circa da carboidrati ma ci sono anche proteine, vitamine B ed E e l’assenza di coloranti, conservanti e sale.
Il grasso contenuto è meno dell’1% ma siamo noi i colpevoli con il condimento a far lievitare le calorie.
L’IPO (International Pasta Organisation) nella giornata mondiale della pasta del 2006 ha stilato il decalogo delle ragioni per il suo uso.

Tra queste il basso apporto calorico (350 calorie/100 gr di pasta), l’alta digeribilità, la grande fonte di energia, l’assenza di colesterolo e l’alto potere saziante grazie all’amido in essa contenuta. Non è perfetta per la mia cucina salutare?
Ribadiamo allora i benefici e la prelibatezza della dieta mediterranea concordi con Enrico IV che disse: “Buona cucina e buon vino è il paradiso sulla terra”. Allora, dopo averne tanto parlato, adesso facciamoci un buon piatto di pasta!

Mariella Tallari

“La cultura del vino: l’etichetta”

Il vino ha un suo strumento di identificazione, che si chiama etichetta (detta anche carta d’identità del vino), ossia il mezzo di presentazione del prodotto, con tutte le informazioni utili al consumatore sul tipo di vino imbottigliato. L’etichetta assolve sia la funzione decorativa che legale. Di primaria importanza sono le disposizioni legislative, tanto che l’Unione Europea ha provveduto a emanare norme precise in materia, le quali stabiliscono sia le indicazioni fondamentali (obbligatorie) che quelle complementari (facoltative). Le indicazioni fondamentali devono essere raggruppate in una sola etichetta, o in varie etichette apposte sulla bottiglia, le scritte devono essere chiaramente leggibili. Tra le indicazioni obbligatorie ricordiamo; la gradazione alcolometrica effettiva che deve essere indicata mediante numeri, in unità e mezze unità, es. 11, 10,5 ecc, il numero deve essere seguito da “ % vol “ es. 11% vol. L’etichetta può essere completata indicando un marchio, la precisazione se si tratta di vino rosso, bianco ecc. oppure l’indicazione di un colore particolare es. chiaretto, paglierino ecc., il nome della nazione in cui l’uva è stata vendemmiata e vinificata, il luogo dell’imbottigliamento, temperatura di servizio, i consigli per l’abbinamento. Tra le indicazioni facoltative possono figurare il nome di una o più varietà di vite, l’annata della vendemmia, la storia del vino.

Giuseppe Gaggia