Boeri: “La manovra non affronta i problemi strutturali del Paese”

CARACAS – Fino a qualche settimana fa, un premier, ancora sorridente ed ottimista, insisteva nel dire, a destra e a manca, che il Belpaese, economicamente parlando, stava meglio di altri, dopo la ‘tempesta perfetta’– Tremonti dixit – del 2008. E lo stesso ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, con un pizzico d’arroganza, affermava, convinto, che l’economia, anche se in acque burrascose, cresceva senza grossi problemi. Poi il brusco risveglio. L’incantesimo si è rotto e il premier ed il ministro, obbligati dai mercati e dagli attacchi speculativi, hanno dovuto arrendersi all’evidenza. Capitolare. Ed ammettere che il paese è sul bordo di un precipizio. Insomma, detto in altre parole, c’è il rischio che vada a picco tutta l’Italia. Anche quella all’estero, aggiungiamo noi. Ma come si è arrivati da un paese in crescita, ad un altro a rischio default? Quali sono state le ragioni che hanno obbligato il Parlamento ad approvare una ‘manovra lacrime e sangue’ in appena tre giorni? E quale è stato il motivo per il quale il governo, di fatto commissariato, è stato costretto ad intervenire per l’ennesima volta, la terza, con un ‘decreto-manovra’ domani all’esame del Parlamento? La ‘Voce’ lo ha chiesto a Tito Boeri, docente e ricercatore dell’Università Bocconi, direttore della Fondazione Rodolfo Debenedetti, consulente del Fondo Monetario Internazionale, fondatore della rivista on-line ‘Lavoce.info’ ed editorialista del prestigioso quotidiano La Repubblica.


– I mercati, gli investitori – spiega l’economista raggiunto telefonicamente dal nostro Giornale – hanno percepito che le proposte del governo non erano sufficienti. Così, si è innescata una crisi di credibilità che ha messo in gran difficoltà il paese; una crisi di credibilità che ha rischiato di avviare quei processi viziosi che purtroppo tutti conosciamo. Sono gli stessi processi viziosi già avvenuti in altre nazioni e che, alla lunga, conducono all’insolvenza del Paese.


Precisa che il governo “è dovuto intervenire tre volte negli ultimi due mesi per correggere l’aggiustamento dei conti pubblici”: E sostiene che “lo ha fatto sempre con ritardo”; ritardo che, nell’opinione dell’economista, “ha fatto aumentare il costo dell’operazione”.


– Se fin dall’inizio fosse stata fatta una manovra ben studiata, ben ragionata – afferma -, tutti questi aggiustamenti non sarebbero stati necessari.


Eppure, indicazioni e suggerimenti non sono mancati. Sono venuti dal mondo della politica, da quello dell’imprenditorialità, da quello del lavoro ed anche da quello accademico. Economisti, docenti, esperti in materia hanno scritto articoli nei quotidiani e saggi nelle riviste specializzate. Anche su ‘lavoce.info’, il sito fondato da Boeri e su cui si confrontano le opinioni sull’economia italiana e internazionale, non sono mancate analisi e valutazioni di studiosi, ricercatori ed esperti di riconosciuta reputazione.


– Gli ultimi correttivi, quelli aggiunti con il decreto varato dal Consiglio dei ministri venerdì 12 agosto – prosegue Boeri -, risultano ancora una volta insufficienti. Come italiano, mi auguro naturalmente che il giudizio dei mercati, alla fine, sia positivo, tenendo conto delle potenzialità del paese. Ma non c’è dubbio che una volta ancora il nostro governo non ha fatto quello che andava fatto, di fronte ad una situazione così difficile.


– Il ministro Tremonti sostiene che la crisi non era prevedibile e che in pochissimi giorni tutto è cambiato. Ma ci si chiede se l’economia mondiale non dava giá segnali di difficoltà. Dopotutto, nel 2007 c’era stata la crisi dei mutui subprime americani; nel 2010 il crack dell’Irlanda e, più di recente, quello della Grecia. Era possibile prevedere quanto è poi accaduto? Si potevano prendere provvedimenti con tempo? Come è possibile che un paese che, stando al ministro dell’Economia, godeva di buona salute, si sia ritrovato improvvisamente a bordo del Titanic?


– Il fatto della non prevedibilità – ci dice immediatamente – mi pare una giustificazione assolutamente fuori luogo. Come giustamente lei segnala – prosegue – , era dall’estate del 2010 che eravamo sotto pressione, per via della crisi greca. Quindi si sapeva che c’era un richio-contagio dei conti pubblici. Questi andavano monitorati. Ed era indispensabile evitare segnali di lassismo nella tenuta dei conti. Tutti aspetti che sono stati messi giustamente in luce. C’era bisogno di operare in modo serio sul rientro del debito. Invece, complice la prossimità della scadenza elettorale, si è cominciato a giocare pericolosamentre col fuoco ed ora il paese è sull’orlo del precipizio.


Precisa, quindi, che l’intervento della Banca Centrale d’Europa, che sta acquistando titoli di Stato, è assai gravoso e, “comunque, non può sostituirsi ai mercati”.


– L’Italia, si sa, non è la Grecia. Il nostro debito, che è il quarto del mondo, è molto elevato. L’intervento della Bce potrebbe prolungarsi nel tempo?


Boeri non lo crede. Considera che l’intervento dell’istituto abbia “solo lo scopo di guadagnare tempo; il tempo necessario per fare le riforme”.


– Se diventa un fatto cronico – precisa – è chiaro che non potrà andare avanti, poichè contribuirebbe a creare distorsioni molto serie nel funzionamento del mercato. Di fatto, la Bce, per continuare, pone alcune condizioni: obbliga innanzitutto a fare correttivi. L’intervento dell’istituto europeo, quindi, non ci esime dalle riforme. Semmai il contrario.


– La manovra, lo ha riconosciuto lo stesso Berlusconi, mette le mani nelle tasche degli italiani. Era possibile agire diversamente e, in ogni caso, in maniera più equa? Perchè non si è pensato di fare una patrimoniale? Nel 1992, questo provvedimento permise al governo Amato di sanare le casse dello Stato.


Non ha dubbi, è convinto che si può fare di più e di meglio. Spiega:
– Sarebbe stato fondamentale intervenire sulla spesa. Agendo su questa in modo mirato si riuscirebbe ad avere effetti recessivi minori. Questa manovra, invece, sceglie una volta ancora la strada più facile: far pagare a quelli che lo hanno sempre fatto. E, cioè, ai lavoratori dipendenti. Inoltre, c’è da segnalare che i tagli previsti sono tali solo sulla carta e, soprattutto, interessano gli enti locali.


Sostiene che a questi è stata concessa una maggiore autonomia impositiva.
– Quindi – prosegue – i tagli finiranno col trasformarsi in un incremento di tasse; in un aumento locale della pressione fiscale. Sono già molti i comuni, tante le regioni che hanno fatto alcune addizioni sull’Irpef.
Insiste che si poteva intervenire sulla spesa e sostiene che “ciò era chiesto all’Italia”.


– Credo – prosegue – che il giudizio dell’Italia sia molto legato a quello che saremo capaci di fare nell’ambito della spesa pubblica. I governi che si sono succeduti in tutti questi anni non sono mai riusciti ad intervenire su questa, a fare i tagli necessari. E se non si taglia non si possono ridurre le tasse. Di conseguenza, risulta difficile che il paese possa tornare a crescere in modo più forte.


Insomma, detto in altre parole, si è in presenza del cane che si morde la coda; di un circolo vizioso e perverso che solo si riuscirà a rompere il giorno in cui si sapranno realizzare operazioni sulla spesa pubblica. L’economista, poi, ritiene sia opportuno intervenire con coraggio sulle pensioni. Spiega:
– Rappresentano circa il 40 per cento della spesa corrente ed anche di più. E poi – aggiunge -, dovendo intervenire sulle entrate si poteva anche essere più efficaci.


Come? Boeri ipotizza un intervento sui patrimoni. Ad esempio, quelli immobiliari. Ritiene che “sarebbe stato senz’altro meno distorsivo”.


Manovra fiscalista. Sull’argomento, ci pare, esiste consenso tra gli esperti in materia. Ed in effetti, i provvedimenti del ministro Tremonti agirebbero come un’aspirapolvere. Sono assenti, però, le misure orientate alla crescita. Ed allora è comprensibile che ci sia chi avanzi preoccupazioni per il pericolo di una ‘stagflaction’, come fece già a marzo il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, in uno dei suoi ‘fondi’.
Boeri non nasconde la propria preoccupazione. Ci dice:
– L’Italia, negli ultimi 5 anni, ha conosciuto una lunga stagnazione. E poi, una pesantissima recessione . Il reddito medio, quello pro-capite, è rimasto ai livelli del 1998-1999. E’ come se l’economia, dal punto di vista del reddito delle famiglie, non fosse cresciuta negli ultimi 12 anni. Siamo l’unico paese dell’area Ocse in queste condizioni. Una manovra come questa non solo non fa nulla per la crescita ma risulta recessiva negli effetti. Rischia, quindi, di rendere più lunga questa situazione. Purtroppo, non vedo provvedimenti orientati a rilanciare la vocazione di crescita della nostra economia.


Sottolinea, e questa volta lo fa con enfasi, che “i provvedimenti a sostegno dello sviluppo non richiedono una spesa aggiuntiva”. Insomma, precisa, sono “a costo zero” per le casse dello Stato.


-Sono tante le riforme che possono essere fatte – sostiene. Poi, al giornalista che chiede siano illustrate alcune di esse, commenta:
– Ad esempio, riforme nel mercato del lavoro orientate a ridurre il dualismo esistente. Possono introdursi nuove tipologie di contratto che permettano di superare il dualismo tra quello a tempo determinato e quello a tempo indeterminato. Si può anche intervenire sul passaggio della scuola-lavoro, rafforzando la formazione nelle aziende e presso le Università. E questa è una operazione che può essere fatta a costo 0. Si può intervenire, poi, sulle politiche migratorie. Noi abbiamo una massiccia immigrazione. Ma tendiamo a respingere coloro che arrivano in Italia, anche chi ha un livello d’istruzione adeguato o relativamente più elevato rispetto a quello degli italiani stessi. Agiamo in modo da provocare che se ne vadano altrove. Non facciamo nulla affinchè la mano d’opera qualificata resti in Italia.


Ritiene che molto si potrebbe fare nell’ambito della liberalizzazione dei servizi, “a cominciare dagli ordini professionali per arrivare ai mercati dei beni”. In questi, sostiene Boeri, “vi sono ancora molte formule di protezione; spazio per la concorrenza”.


– Da tutto ciò – è convinto l’intervistato -, trarrebbero un gran giovamento le aziende. Dove c’è poca concorrenza nei servizi; questi costano di più. Quindi, le nostre imprese affrontano costi superiori rispetto alle concorrenti con le quali si confrontano nei mercati internazionali. Non riescono ad esportare. Questi sono solo alcuni esempi. Ne potrei citare ancora altri.


E torniamo alla manovra che da domani terrà banco in Parlamento ed alla crescita economica. Anzi, alla stagnazione dell’economia. Chiediamo a Boeri:
– Il paese, per sanare i conti pubblici e rilanciare l’economia, ha bisogno di provvedimenti orientati alla crescita del Prodotto. Non le pare che la manovra, così come è stata pensata, porti il paese sul precipizio della recessione? Insomma, che questa ormai stia proprio dietro la porta e stia toccando all’uscio?


– Purtroppo – ci conferma Boeri – temo che questa manovra non affronti nessuno dei problemi strutturali del Paese. Espone la nazione ad una crisi di credibilità. Dico ‘crisi di credibilità’ perchè non mi piace parlare di attacchi speculativi.
Asserisce che una crisi di credibilità può innescare processi viziosi come quelli già illustrati: incremento dei tassi d’interesse sul debito pubblico che, a loro volta, provocano l’aumento del costo del debito pubblico che, di conseguenza, spinge verso l’alto i tassi d’interesse e così via. Insomma, una spirale, a dire il meno, perversa.


– E’ un circolo che abbiamo già visto all’opera in altre circostanze – avverte -. Temo che la manovra non aiuti a rompere questo processo vizioso, né a uscirne. E’ chiaro che questa è la strada che conduce all’insolvenza e alla chiusura dei mercati internazionali. Spero che s’intervenga di nuovo sulla manovra e che, in questa occasione, sia il Parlamento a farlo. L’importanza della manovra non deve essere nell’entità ma nella sua qualità.


– Si è detto che colpendo le economie più esposte e deboli, come quelle dell’Irlanda e della Grecia, prima, e del Portogallo, della Spagna e dell’Italia, ora, si è voluto sferrare un attacco contro l’euro, che risente da sempre della carenza di una vera unità nelle politiche economiche. Insomma, di una ‘governance’. Cosa ne pensa? A suo avviso cosa c’è di vero?


Non si affretta a rispondere. E quando lo fa, scandisce le parole, ponendo l’accento su quelle che ritiene permettano illustrare meglio il suo pensiero. E’ diretto, preciso. Spiega con la stessa chiarezza del docente in cattedra:
– L’attacco all’euro è un riflesso della debolezza della moneta, che è in una posizione delicata. Si è creata una moneta europea. E’ vero. Ma non si è riusciti a raggiungere l’unificazione delle politiche fiscali. EEcco, questa è la debolezza di fondo dell’euro. Appena il ‘re’ si è rivelato nudo – prosegue per concludere -, sono emerse le debolezze del sistema. Sono cresciuti gli spread, che riflettono il rischio paese. Tutto ció ha condotto alla congiuntura attuale. Credo che il problema di fondo sia la debolezza dell’architettura dell’euro a cui con grande ritardo e tante esitazioni si sta cercano di porre oggi rimedio, con la creazione di un ‘fondo salva-stati’ che entrerà in funzione a fine settembre.


Il mondo del lavoro


CARACAS – Disoccupazione, precariato e ‘boom di bamboccioni’ – Brunetta dixit -. L’Italia è cambiata. Poteva essere altrimenti? L’ha trasformata la globalizzazione, che ha distrutto ovunque le frontiere, ed anche le nuove tecnologie, che richiedono mano d’opera sempre più specializzata ed efficiente. Il mondo del lavoro è diventato sempre più selettivo, e la crisi economica lo ha reso sempre più ristretto. E poi i recenti avvenimenti che hanno caratterizzato in questi mesi l’industria automobilistica torinese, simbolo del miracolo economico italiano, hanno rivoluzionato, per non dire sconvolto, la relazione tra proprietà e ‘tute blu’.
– Sulla questione Fiat – interviene Boeri – è già stata data una risposta dalle parti sociali. E’ stato raggiunto un accordo. Sono cambiate le regole della contrattazione; si riconosce uno spazio maggiore alla trattativa aziendale e, in qualche modo, si va incontro anche ai problemi etici.


Per quel che riguarda invece il precariato, è convinto che “si tratti di un problema sicuramente assai grave”.
– Sul nostro sito, www.lavoce.info – afferma – abbiamo presentato alcune proposte. Da diversi anni, abbiamo lanciato l’idea di un contratto unico a tutte le progressive; un contratto unico che permetta di superare il fenomeno del precariato.


E spiega:
– Il giovane viene assunto subito con un contratto a tempo indeterminato. Ma questo contratto, i primi tre mesi, concede al datore di lavoro la possibilità di licenziamento e al lavoratore tutele che crescono nel tempo.
Sostiene che “la proposta permetterebbe d’incoraggiare l’assunzione immediata di giovani con contratti senza limiti di tempo” e “di incentivare la formazione”.


– Ed è questo il punto fondamentale – assicura -. Ieri i giovani erano oggetto di formazione; oggi, purtroppo, non piú. E’ forse questo il dato più inquietatnte.


M.B.


La proposta del Pd


CARACAS – La Cgil, in piazza. Il Partito Democratico, in Parlamento. Non si faranno sconti. La manovra, nonostante il periodo estivo e il clima di ferie, è stata nei giorni scorsi al centro del dibattito. E, da domani, sarà nell’occhio del ciclone parlamentare.


L’on. Pier Luigi Bersani, Segretario generale del Pd, ha già annunciato che il suo partito darà battaglia, per rendere la manovra meno iniqua. E, grosso modo, ha già reso noti i punti cardini della contromanovra. Cioè i suoi suggerimenti per aiutare il Paese ad uscire dalla crisi. Chiediamo a Boeri se la ‘proposta-Bersani’ è praticabile.


– Mi sembra che il limite della proposta dell’on. Bersani sia tutto sul lato della spesa – spiega l’economista -. Sull’argomento non propone nulla. Ed invece è necessario intervenire. L’unico provvedimento che consiglia è una riduzione nel numero dei parlamentari.


L’economista sostiene che “quello dell’on. Bersani, dopotutto, è un atteggiamente comprensibile”.
– E’ logico che un partito all’opposizione faccia fatica nel proporre tagli alla spesa – ci dice -. Se il governo, in tal senso, non suggerisce provvedimenti, è difficile che lo faccia l’opposizione. Ad esempio, che chi non è al governo dica che bisogna tagliare le pensioni. Tuttavia tutti sanno che la situazione oggi è tale che effettivamente bisogna cercare di fare di piú.


M.B.


Lavoce.info

“In Italia c’è una pericolosa e crescente concentrazione del potere mediatico. Questo condiziona il confronto civile spingendo a schierarsi, a prendere posizioni estreme. Si può solo essere pro o contro. Pressoché bandite dalle TV le riflessioni, le analisi, l’informazione che vada in profondità. Vogliamo usare la nostra voce in un altro modo. Dal luglio 2002, quando è nata lavoce.info, cerchiamo di informare e di offrire uno strumento di approfondimento per chi non si accontenta del giudizio sommario e delle parole d’ordine. Una voce libera e indipendente. Informiamo e, soprattutto, proponiamo analisi indipendenti di fatti e notizie, con lo scopo di offrire un servizio utile a tutti coloro che accettano di misurarsi, senza pregiudizi, su questioni complesse. La nostra ambizione? Essere competenti nella critica, provocatori nei contenuti ed equilibrati nelle proposte. Vogliamo essere qualcosa che in Italia manca: una testata, che svolga la funzione di “watchdog”, di cane da guardia, che valuti criticamente la politica economica, disinteressandosi dell’uso politico che può essere fatto di ciò che scrive. È un ruolo ambizioso ma non presuntuoso e, crediamo, importante. Soprattutto in un momento in cui ogni errore tecnico, ogni difetto di progettazione o ritardo ha costi molto elevati per il nostro paese”. Questo è l’obiettivo della pagina on-line fondata da Boeri, un punto d’incontro; un luogo dove esprimere opinioni e avanzare proposte.

Oggi, lavoce.info è diventato un luogo di consulta quasi obbligatorio per capire i processi economici del paese, le loro cause e le probabili conseguenze. La redazione è costituita da docenti universitari di prestigio.

M.B.