Legge elettorale, con Prodi e Veltroni cresce il fronte del referendum

ROMA – Il conto alla rovescia, ha annunciato Arturo Parisi, è ormai scattato.

A far partire le lancette del referendum è stato Romano Prodi che a Bologna ha firmato i due quesiti “per dovere civico”, non per segnare un suo ritorno alla politica. Un sostegno, quello dell’ex premier, che scioglie i dubbi di molti nel Pd e anche Walter Veltroni ha firmato a Roma convinto che l’appuntamento sia “un potente strumento’’ per fare una nuova legge elettorale e che molti nel Pd condividano questa necessità.
Con l’appoggio di big di peso come Prodi e Veltroni, rischia di finire nell’ombra la proposta di legge depositata dal Pd al Senato, un mix di maggioritario e proporzionale, sul quale Pier Luigi Bersani era riuscito a trovare un’intesa nel partito e a far rientrare l’appoggio al referendum dei veltroniani.
Il segretario Pd chiederà l’immediata calendarizzazione a settembre mentre i referendari andranno a caccia delle 500 mila firme necessarie entro il 30 settembre per far indire l’appuntamento.

Parisi è ottimista: “Ormai è scattato il conto alla rovescia: l’extrema ratio è alle nostre spalle’’, afferma l’ex ministro replicando al segretario e invitandolo a ripensare il suo ‘niet’ al sostegno al referendum. E in effetti la firma di Prodi ha quasi un effetto-valanga e il suo esempio è seguito dal presidente della Toscana Enrico Rossi, dal sindaco di Bologna Virginio Merola, dai liberal di Enzo Bianco e da Alberto Losacco, parlamentare vicino a Dario Franceschini che per ora non firma per evitare spaccature nel Pd.

Il problema non è tanto la riforma proposta del Pd, ma lo scetticismo sulle reali possibilità di approvarla in Parlamento. Prodi sarebbe “l’uomo più felice del mondo se la riforma la facessero i partiti” ma siccome i margini sono stretti prevale “il dovere civico” di firmare “per dare stabilità e forza alla nostra democrazia’’. Anche Veltroni considera il referendum “un potente strumento di pressione” per fare una legge in Parlamento. E servirebbe anche da traino per dimezzare il numero dei parlamentari: “Si può fare in 90 giorni e così alle prossime elezioni si può andare con un parlamento dimezzato e per il quale serve una nuova legge elettorale’’.

Ma per l’ex leader Pd non sarebbe un male neanche il ritorno al Mattarellum “che abbiamo già sperimentato positivamente e fondato sul sistema uninominale’’. Un sistema che, però, non piace a molti altri nel Pd perché richiama i fantasmi dell’Unione che Giorgio Merlo ricorda come “la peggiore stagione del centro sinistra”.

Anche fuori dal Pd non mancano i critici: il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione vede come fumo negli occhi il Mattarellum e si augura che la firma del Professore “non fosse solo un modo per impedire ogni alleanza tra il centrosinistra ed il Terzo Polo poiché è chiaro che se il Pd sposa il Mattarellum rinuncia ad ogni ipotesi di alleanza con noi”.