Il Csm boccia il processo lungo: “Avrà un effetto dirompente”

ROMA – Il Consiglio superiore della magistratura ha bocciato il ddl sul cosiddetto processo lungo, approvato dal Senato il 29 luglio scorso che, oltre ad andare in “direzione opposta” a quanto previsto dall’articolo 111 della Costituzione sul giusto processo e la “ragionevole durata”, avrà una “portata dirompente” sui procedimenti penali soprattutto nel coniugarsi con le norme sulla prescrizione breve.
Il plenum del Csm ha approvato con 18 voti favorevoli e tre contrari una proposta di risoluzione presentata dai consiglieri togati e dai laici di centrosinistra già nell’ultimo plenum prima della pausa estiva e poi rimandato alla prima seduta utile di settembre su richiesta dei laici di centrodestra che ne chiedevano un ulteriore approfondimento.


Hanno votato contro il documento tre laici in quota Pdl: Filiberto Palumbo, Bartolomeo Romano e Niccolò Zanon che pur non dicendosi contrari nel merito, hanno contestato l’opportunità di intervenire su progetti di legge in itinere.


– La norma – scrive il Csm – appare agevolare l’abuso del processo e legittimare le più varie tattiche dilatorie. Il senso dell’intervento – si legge ancora nel documento – è sostanzialmente quello di affidare alle parti la dinamica processuale, privando il giudice della possibilità di gestire l’andamento del processo in funzione di un accertamento processuale che si svolga secondo i canoni costituzionali della ragionevole durata.


Quanto alla “portata dirompente” del provvedimento “nel coniugarsi con la vigente disciplina italiana in tema di prescrizione”, denunciata dal Csm , il documento spiega:
– Se con il ddl in esame viene dilatata la durata dei processi, con la risoluzione dei termini di prescrizione vengono di fatto negate le condizioni per pervenire a un accertamento dei fatti oggetto delle imputazioni, in tempi ragionevoli, con ciò vanificando ogni tentativo di offrire un servizio di giustizia efficiente per i cittadini, nel rispetto del principio di uguaglianza e legalità.


Nel dibattito che ha preceduto il voto, particolarmente duro è stato l’intervento del primo presidente della Cassazione, Ernesto Lupo.


Secondo Lupo il processo lungo rischia di provocare “l’implosione e la morte del processo penale”.
Con un elenco di testimoni teoricamente infinito, ha sottolineato, “questa legge significa il diritto alla prescrizione dei reati per tutti gli imputati che siano adeguatamente difesi. Come si può restare in silenzio davanti a questa prospettiva?”, si è chiesto il primo presidente della Cassazione.
– Quando furono pubblicate le leggi razziali in Italia non ci fu una reazione adeguata – ha ricordato Lupo – domani chi esaminerà questo periodo si scandalizzerà di come non si sia reagito adeguatamente su questo provvedimento.