“Indagare su Berlusconi, sapeva che erano escort”

NAPOLI – La condotta di Silvio Berlusconi nel caso Tarantini “appare perfettamente rispondente al paradigma legislativo di cui all’art. 366 bis c.p”, ossia al reato di induzione a non rendere dichiarazioni o rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. Lo scrivono i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli nell’ordinanza in cui hanno disposto la scarcerazione dell’imprenditore barese e della moglie Angela Devenuto (che era ai domiciliari) e il trasferimento dell’inchiesta da Napoli a Bari.


I giudici hanno ritenuto fondata l’ipotesi di istigazione a mentire davanti all’autorità giudiziaria, che potrebbe far cambiare la posizione del premier a indagato.


In particolare, scrive il Riesame, “a parere del Collegio, la descritta condotta posta in essere da Berlusconi (con il concorso, come intermediario, di Valter Lavitola) nei confronti del Tarantini, che aveva assunto la qualità di indagato, più volte in concreto (ma anche per definizione) chiamato a rendere dichiarazioni alla suddetta Autorità giudiziaria, appare perfettamente rispondente al paradigma legislativo di cui all’articolo 377 bis c.p.’’.


“Non vi è dubbio’’, si legge, che la condotta processuale “assunta fin dall’origine da Gianpaolo Tarantini’’ e “volta a tenere il più possibile ‘indenne’ il presidente del Consiglio” sia stata “indotta dalla promessa (anche tacita o ‘per facta concludentia’, quali la nomina e retribuzione di un avvocato indicato dal suo entourage), da parte del premier, di ‘farsi carico’, dal punto di vista economico (in senso lato) della ‘situazione’ dei Tarantini.
– Superato ogni dubbio sulla inverosimiglianza dell’asserita ‘spontaneità’ delle cospicue e continuate elargizioni in favore del Tarantini – prosegue il Tribunale del Riesame – va evidenziato, a ulteriore conforto della suddetta conclusione, che promesse, dazioni e altre utilità accompagnano nel tempo le cadenze della complessa vicenda processuale dell’imprenditore barese”, tant’è che “iniziano in epoca coeva al momento in cui il Tarantini assume la qualità di indagato a Bari’’ e “si intensificano e ricorrono a ogni passo dell’indagine potenzialmente idoneo a vedere Tarantini chiamato a rendere dichiarazioni dinanzi all’autorità giudiziaria’’.
A parere dei giudici del Riesame, “coinvolgono le stesse nomine dei difensori e culminano nel momento in cui il citato indagato potrebbe, con una richiesta di patteggiamento, contribuire a ‘stendere un velo’, quanto meno temporaneo, su notizie e fatti che avrebbero avuto sicuro clamore mediatico”.


Berlusconi era inoltre “pienamente consapevole” del fatto che le ragazze portate nelle sue residenze da Tarantini erano delle escort, scrivono i giudici del Tribunale del Riesame di Napoli. A dimostrarlo sarebbero le conversazioni tra Tarantini e Patrizia D’Addario, dalle quali emerge “che, a differenza di quanto le aveva anticipato ‘Gianpi’ in una telefonata, la donna, pur avendo trascorso la notte in compagnia di Berlusconi, non aveva ricevuto alcuna ‘busta’, ma solo la promessa di un ‘interessamento’ affinché fosse ‘sbloccata’ la situazione amministrativa di un cantiere ove la stessa stava realizzando opere edilizie; nell’apprendere che la D’Addario non aveva ricevuto alcun compenso in denaro per la ‘prestazione sessuale’ resa, Tarantini si mostrava quanto mai stupito.


Tarantini, nello spiegare le ragioni del suo disappunto, evidenziava la piena consapevolezza del premier della reale natura delle ‘prestazioni’ che gli venivano offerte dalla stragrande maggioranza delle ospiti delle sue serate’’.


Lunedì, per decidere sulle istanze di scarcerazione presentate dai legali di Tarantini e Valter Lavitola, i giudici del Tribunale del Riesame hanno deciso l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’imprenditore, confermando il mandato di arresto per Lavitola. I giudici hanno stabilito la competenza della procura di Bari a procedere nell’ambito dell’inchiesta.