Prandelli: “La mia Italia unisce, non divide”

ROMA – C’é il progetto, ci sono le idee, c’é “la capacità di unire e di non dividere”. Manca ancora il grande risultato, e su quello la sua Italia può esser giudicata solo dall’Europa.

“Non avevo guardato il quadro delle qualificate a Polonia e Ucraina, ora lo scorro e dico: è più difficile che a un Mondiale”, ammette Cesare Prandelli, dopo aver chiuso il girone di qualificazione con una raffica di numeri da record. “D’altra parte, se nell’ultimo mondiale tre finaliste su quatto erano europee, un motivo c’é – prosegue – Ma io non penso al torneo di giugno, non voglio affrontare ora l’ansia e lo stress, d’altra parte sono sempre dietro l’angolo”. E il riferimento non è casuale. “Cassano mi aveva anticipato certe sue sensazioni – rivela il commissario tecnico azzurro, dopo lo sfogo del barese sullo stress – Gli ho solo detto, vivi il momento bello. Chissà cosa succede tra tre anni, magari gioca una grande stagione e poi che fa, lascia?”. Però l’idea di un progetto di sostegno ai giovani, lanciato da Tommasi, la condivide in pieno “Lo facevo a Bergamo e a Parma: un ragazzo deve, ripeto deve, avere l’aiuto di ex campioni che hanno gestito lo stress”.

Finora a Coverciano il compito – con profili più fragili come quello del n.10 – se lo sono sobbarcato vecchi campioni e compagni-amici. “Meriti personali non ne ho, mi comporto con Antonio come con tutti gli altri: ma questo è un gruppo straordinario. E’ diventato squadra in pochissimo tempo: un allenatore deve dare una base, un’idea tattica precisa. Poi emerge la forza di un gruppo”.

Lo confermano i numeri: un girone condotto sfiorando l’ein plein (solo due pari e tutte vittorie), il record difensivo in Europa (due gol subiti), l’imbattibilità. Anche per questo Prandelli toccherà poco il suo giocattolo. Dipenderà da cosa dice il campionato, ribadisce; il ct lavorerà sulla fase offensiva, vedrà se le ali come Cerci, Pepe e Schelotto sono davvero così eclatanti da consentire qualche variante (“sul cambiar gioco, sono un pò scettico; su nuovi inserimenti, sono aperto”). E il gruppo di 25 azzurri “si allargherà a 30-32”. Ma senza abbandonare la strada percorsa finora.

“Sapete cosa mi piace di più di questa squadra? Unisce, e non divide”, dice pensando a Italia-Uruguay del 15 novembre a Roma, occasione per celebrare anche nel calcio il 150º dell’Unità.

“Lascio perdere le polemiche politiche, non ne usciremmo più: dico solo, non sono i politici che fanno le leggi grazie alle quali un calciatore nato all’estero può prendere il passaporto italiano e giocare in nazionale? Non diciamo che la Germania è un esempio, e lì da 15 anni si può giocare in nazionale da ‘stranieri’? Siamo oltre, siamo avanti”. E dunque Prandelli si tiene stretta la sua Italia “che ha idee, sentimenti, altruismo. Mi piace l’Italia che dà di sé l’idea di unità, di solidarietà. Dopo avermi chiesto la fascia di capitano a Cassano a Bari e di dare spazio a De Sanctis nella sua Pescara, ora dallo spogliatoio mi arriva un’altra richiesta: perché non dare un premio alla carriera a Zambrotta, facendolo arrivare a 100 convocazioni? Mi piace, e molto”. Senza peraltro “vivere sulle nuvole”, e dimenticare l’importanza del risultato.

“Eravamo partiti tra gli scetticismi, per mesi ci hanno massacrato con la storia che non esistevano più difensori azzurri di una volta: ora che siamo la miglior difesa non se ne parla più… Pazienza, sappiamo che è così, restiamo sereni”. Anche di fronte alla considerazione che alla giovane carriera del suo ct, manca il grande risultato: “Di sicuro, l’Europeo sarà il mio punto più alto. Quanto ai risultati, visto che sono giovane ho ancora tempo”.