Colle: Non solo voti, anche efficienza e credibilità

ROMA – Giorgio Napolitano è preoccupato dalle conseguenze della sconfitta del governo, in parlamento, e vuole sapere se ha ancora la fiducia delle Camere. E’ una questione di sostanza e non di forma.

Le opposizioni auspicavano che il capo dello Stato chiedesse le immediate dimissioni a Silvio Berlusconi. Ma, da arbitro, ha invece puntato sul fatto che traesse le conclusioni del semaforo rosso opposto dalla Giunta per il regolamento della Camera all’iter del provvedimento su cui la maggioranza è stata battuta.

Per il presidente della Repubblica trarre le conseguenze significa innanzitutto che il presidente del Consiglio deve presentarsi senza indugio in parlamento per sottoporsi al voto di fiducia. Berlusconi lo ha deciso da solo, senza farselo chiedere da Napolitano. Ma con molta probabilità, se si fosse dimesso, Napolitano gli avrebbe chiesto proprio di fare quel gesto.

La posizione assunta da Napolitano sulla crisi politica è rigorosa, esigente, e tutt’altro che conciliante. Il presidente non vuole togliere le castagne dal fuoco all’opposizione e neppure fare sconti al governo e alla sua incerta maggioranza. Vuole che i soggetti istituzionali coinvolti (Esecutivo e parlamento) facciano da soli l’intero percorso, quello che può produrre la crisi o la sua soluzione.
Per sè, il capo dello Stato conserva il ruolo neutrale di arbitro previsto dalla Costituzione.

Quando si svolge questo ruolo bisogna dire dei ‘no’ che scontentano le parti in causa. Prima di compiere qualsiasi nuovo atto, il governo dimostri di avere ancora la fiducia, è la linea del Colle che un ‘no’ l’ha detto anche Fini e ai leader dell’opposizione che si aspettavano una sua posizione più dura per imporre le dimissioni obbligate a Berlusconi e aprire la strada a un nuovo governo.

Il Cavaliere però non ha rinunciato a un piccolo strappo: secondo prassi, sarebbe dovuto andare al Quirinale, riferire e lasciare decidere al capo dello Stato se era il caso di ripresentarsi alle Camere. Non lo ha fatto, e il motivo si può immaginare. In sostanza si è rimandato alle Camere da solo. Napolitano ha sottolineato la gravità della situazione, ha manifestato ‘’interrogativi e preoccupazioni, i cui riflessi istituzionali non possono sfuggire’’ dopo il voto di ieri e le ‘’acute tensioni in seno al governo e alla coalizione’’ che comportano ‘’incertezze nell’adozione di decisioni dovute o annunciate’’.

Berlusconi in Aula Opposizione sull’Aventino

ROMA – Saranno vuoti oggi 295 banchi di Montecitorio quando il premier Silvio Berlusconi parlerà in Aula per dimostrare che la maggioranza c’è. Le opposizioni, per la prima volta compatte dall’Idv al Terzo Polo, hanno deciso lo strappo – un Aventino per metà visto che venerdì tutti torneranno in aula per votare contro la fiducia – dopo l’incontro tra il presidente della Camera Gianfranco Fini ed il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Ed è proprio verso il Colle che si addensano i malumori dell’opposizione che avevano sottolineato la gravità inedita della situazione e chiesto, anche nei contatti telefonici, l’intervento del Quirinale.

Per concordare una linea comune, ieri mattina Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli si sono visti alla Camera.

– L’unico chiarimento possibile sono le dimissioni, questa situazione non è più tollerabile – è l’aut aut del leader Pd favorevole alla linea dura fino a spingersi all’assenza in Aula al momento del voto di fiducia.

Il voto di fiducia, incalzano Pd-Idv e Terzo Polo, ‘’non risolve i problemi costituzionali aperti ed è soltanto un inutile tentativo di prorogare uno stato imbarazzante di incertezza e di paralisi’’.