Plenaria del Cgie: per il Mae tagli di 1.800.000 euro

ROMA – Voglia di chiarezza, di protesta, consapevolezza che ciò che c’era prima non c’è più e bisogna cambiare. Tutti ingredienti che hanno animato la II giornata di lavori del Cgie, riunito a Roma presso la Farnesina. Ad animare il dibattito il tema delle risorse finanziarie per i prossimi anni ed i capitoli di spesa destinati agli italiani all’estero.


Andrea Amaro, partendo da quanto anticipato dal sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica (“in discussione in parlamento una proposta per tagli al Mae che si aggira per il 2012 sui 206 mln di euro”) ha parlato di “una riduzione consistente che inciderà sul capitolo Italiani nel Mondo tra il 15-20% del bilancio”. Riduzione “non spalmata sui diversi capitoli di spesa. Possiamo immaginare che i tagli saranno più incisivi sulle spese più riducibili, mentre non verranno toccati capitoli prioritari, anche se voci di corridoio riferiscono che sono in corso ritocchi”.


È stata “una discussione preoccupata per l’entità dei tagli e le voci che girano”, ma senza numeri alla mano. Solo la certezza che dei 200 milioni annunciati, 1.800.000 euro è la cifra che sarà tagliata al Ministero.


Ha aperto il dibattito Norberto Lombardi. “Sarebbe una proposta così pazza chiedere che il Cdp collabori con le autorità del Mae per tagli mirati, studiando necessità e specificità? Non è possibile che il Cgie collabori?” Si è detto preoccupato perché “di fronte a ulteriori tagli non facciamo che prenderne atto. Dobbiamo invece cominciare ad aprire un capitolo di riflessione innovativo, per capire come agire a prescindere dallo Stato italiano”.


Si è levata la richiesta di una maggiore chiarezza. Tommaso Conte ha chiesto che entro oggi “si sappiano almeno i numeri inerenti i Comites. Ci sono impegni, affitti e contratti di lavoro, la cui responsabilità ricade in prima persona su chi opera a livello volontaristico. Perciò bisogna capire le entità dei tagli, per bloccare spese che non si possono sostenere”. Attenzione agli enti gestori. “Le persone assunte sono insegnanti. Cosa succederà loro? Bisogna dire loro se saranno licenziati per far sì che possano organizzarsi”.


Chiarezza leit-motiv anche nell’intervento di Fernando Marzo. “Chiediamo di quantificare precisando come dove e quando. È chi opera sul territorio a rischiare: alcuni enti gestori hanno chiuso, altri hanno applicato tagli, altri ancora non sanno quanto mancherà dai contributi dal prossimo esercizio finanziario”. Su questo fronte si è mosso il consigliere Rizzola: “In Canada a causa del ritardo con cui i Comites ricevono le dotazioni, si è ricorso alle coperture di credito delle banche. E con le banche non si scherza”.


Risposte sono state chieste al dg Carla Zuppetti, le cui parole non hanno soddisfatto la platea. “La situazione non per ora conosciuta per cui non posso darvi uno schema dei capitoli di spesa o l’assegnazione dei fondi disponibili”. Il dibattito è proseguito a questo punto con toni più accesi.


Per Michele Schiavone “non è possibile che i tagli debbano interessare sempre gli italiani estero. Chiediamo un’audizione per renderci complici delle decisioni. Il Cgie deve esprimersi contro questa azione”. La proposta avanzata è la “riduzione delle indennità per diplomatici”.


A trarre le fila dei vari interventi ci ha pensato il segretario generale Elio Carozza. “La situazione del 2012 è brutta – ha detto – il 2013 andrà peggio e il 2014 ancora peggio. Dobbiamo fare una pressione in più e concertare con la direzione generale per vedere se all’interno dei capitoli di spesa esista la possibilità di mettersi d’accordo su come operare nei prossimi tre anni. Il tutto però si risolve comunque nel mettere una pezza su una situazione drammatica. I tagli interesseranno Comites ed enti gestori, ma anche il Cgie”.


La proposta di Carozza è quella di “un gruppo di lavoro interno che proponga idee all’assemblea, immaginando un certo tipo di percorso da fare insieme, spiegando le modalità, come garantire la nostra rappresentatività sapendo che non è più come ieri. Bisogna rimboccarsi le maniche, scoprire nuove forme proponendole a Comites e Enti Gestori”. Sì alla protesta dunque, ma in primis l’azione.