Il premier all’Ue: manteniamo gli impegni

BRUXELLES – Abbiamo sempre onorato gli impegni europei e intendiamo continuare a farlo. E’ questo il messaggio con cui Silvio Berlusconi si presenta al vertice di Bruxelles, nel tentativo di convincere l’Europa che l’Italia non farà la fine della Grecia. Sul tavolo europeo il premier italiano mette un documento che, grazie al pressing di Bruxelles, da lettera di intenti si trasforma in qualcosa di piu concreto, con date e tempi certi di attuazioni delle singole misure che il governo intende adottare.


La giornata inizia in salita per il Cavaliere. La prima versione della lettera viene rispedita indietro da Bruxelles proprio perchè manca un calendario preciso. Il portavoce della Commissione è eloquente: dall’Italia ‘’ci aspettiamo misure molto dettagliate con un calendario chiaro’’. Inizia così quello che fonti diplomatiche definiscono un ‘’ping-pong’’ fra Roma e Bruxelles. Un vero e proprio braccio di ferro, insomma.
Roberto Calderoli e Angelino Alfano si precipitano a palazzo Grazioli dove il testo, sotto la regia di Berlusconi e Letta, viene limato fino all’ultimo. Altri dicasteri vengono consultati per mettere nero su bianco il calendario degli interventi. Solo poco prima di lasciare Roma il documento viene inviato nella capitale belga e non a caso è zeppo di date e scadenze dettagliate per ogni singola misura. Ed è questa la vera novità, come implicitamente riconosce lo stesso Berlusconi sottolineando che i ‘’singoli punti sono corredati da un calendario per la loro concreta applicazione’’.


Sul fronte dei contenuti, almeno rispetto alle anticipazioni, non ci sono grandi sorprese. A parte forse la cifra delle dismissioni: 5 miliardi in tre anni. Per il resto, l’intervento sulle pensioni è frutto del compromesso (al ribasso) con la Lega, mentre ci sono misure su una maggiore flessibilità del lavoro, sul pubblico impiego, sulle privatizzazione. Nella missiva c’è anche una rivendicazione di quanto già fatto, ma soprattutto un messaggio politico che palazzo Chigi ritiene cruciale: la promessa di ‘’onorare’’ gli impegni presi e l’impegno a intervenire con nuove misure in caso di un peggioramento dei saldi. Insomma, l’italia monitorerà i conti pubblici ed è pronta ad agire ancora.


E’ con questi impegni che Silvio Berlusconi entra nella sala del Consiglio europeo, dopo una bilaterale con i vertici Ue: Herman Van Rompuy e Jose Manuel Barroso. Ostenta un sorriso: forse i dirigenti Ue gli hanno anticipato il giudizio positivo sulla lettera che, qualche ora dopo, sarà confermato dal premier polacco, Donald Tusk. Ma la partita è lungi dall’essere finita. Perchè se è vero che Angela Merkel si precipita a salutare Berlusconi, quasi a voler dimostrare plasticamente che Berlino non ha nulla contro l’Italia e il suo premier, non si ha notizia di un’analoga stretta di mano con Nicolas Sarkozy.


Sarà un caso, ma forse è il segno che il gelo fra Roma e Parigi, dopo il sarcasmo del presidente francese e senza una soluzione della partita su Bini Smaghi, resta. Berlusconi teme anche il responso dei mercati, in particolare sui titoli pubblici: perchè se è vero che, sostiene, ‘’la borsa non segue la politica e vero che è un giudice più severo delle istituzioni’’. E molto, su questo versante, dipenderà da Francoforte, piuttosto che da Bruxelles.


La sua preoccupazione, confidata a qualche ministro prima di partire, è che Parigi e Berlino lascino alla Bce il compito di fare ulteriori pressioni sull’Italia, con l’arma dell’acquisto di titoli italiani. Il Cavaliere però non crede che l’Europa lasci fallire il nostro paese, anche perchè le banche francesi sarebbero le prime in difficoltà. Ma potrebbe dosare l’acquisto di bond per mettere il governo spalle al muro. Inoltre, le misure prese, con un timing rigido, rischiano di aprire nuovi fronti interni anche alla maggioranza.


Le tappe del confronto con l’Europa


ROMA – Due manovre in estate, l’anticipo del pareggio di bilancio nel 2013, la legge di Stabilità: è stata questa la risposta dell’Italia negli ultimi mesi alle sollecitazioni arrivate, da Bruxelles e Francoforte, a mettere in sicurezza i conti. Anche i mercati hanno fatto la loro parte costringendo il Paese ad alzare in continuazione la ‘posta’ degli interventi. L’appello più pressante è arrivato dalla Banca Centrale Europea i primi di agosto, con una lettera ‘riservata’, in cui chiedeva al governo italiano misure drastiche. Sembrano passati anni-luce, da quando, ad aprile di quest’anno, nel lanciare il primo provvedimento per lo sviluppo, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti assicurava che l’Italia non aveva ‘’emergenze’’. Poi tra maggio e giugno si lavora alla manovra triennale per ‘’aderire alle indicazioni che la Commissione Ue – diceva il premier Silvio Berlusconi il 9 giugno – ha proposto al consiglio dei Capi di stati e di governo’’.


In contemporanea parte il pressing del mondo delle imprese, provate dalla speculazione dei mercati. A giugno Confindustria chiede ‘’subito’’ una manovra ‘’credibile’’. A fine mese la manovra viene varata contestualmente alla delega per la riforma fiscale. La manovra vale 48 miliardi di euro in 4 anni e contiene le prime misure restrittive su pubblico impiego, sanità, pensioni, ma l’impatto viene spostato quasi tutto sul 2013 e 2014. I mercati storcono il naso, le agenzie di Rating, come S&P, avvertono che ‘’restano sostanziali rischi’’. Il cancelliere tedesco Angela Merkel telefona a Roma chiedendo l’approvazione della manovra subito. Tremonti pensa ad una risposta ‘inedita’: l’approvazione della manovra da parte del Parlamento in 5 giorni. Il 15 luglio la manovra è legge.


Ma alle Borse non basta e l’Italia infila una serie di record negativi anche per gli spread. I primi di agosto la Bce manda allora ‘la lettera’ in cui stringe il governo sull’adozione di nuove misure per poter continuare ad acquistare i titoli del debito. Si decide di anticipare gli effetti della manovra di un anno per centrare già nel 2013 il pareggio. Francia e Germania il 7 agosto fanno un comunicato congiunto in cui plaudono alla decisione. Arriva allora la manovra di Ferragosto con misure aggiuntive che cambieranno volto quattro volte in meno di un mese, con l’acuirsi dei dissensi interni alla maggioranza, fino a giocarsi una carta preziosa, l’aumento dell’Iva dal 20 al 21%, che in origine nei piani del governo doveva servire per misure finalizzate alla crescita. La manovra sale a 54 miliardi per il solo 2013, l’anno del pareggio. Il Commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, il 7 settembre dice che le decisioni prese ‘’rafforzano la fiducia ‘’ nell’economia italiana. Il 14 settembre la manovra è approvata. Ma ripartono gli speculatori e le agenzie di rating decidono il declassamento. Riaffiorano i dubbi dell’Europa, fino ai sorrisini di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy di domenica scorsa.